BAIANO IN RETROSPETTIVA, TIPI E PERSONAGGI

BAIANO IN RETROSPETTIVA, TIPI E PERSONAGGI

Nell’ambito delle iniziative ProTelethon per la raccolta di regali solidali e donazioni a sostegno della ricerca scientifica per le cure delle malattie rare e ignote  sarà presentato nei locali del Circolo socio-culturale “L’Incontro” domenica dieci dicembre- alle ore 10,30 – il collage di bozzetti e racconti di Romeo Lieto. Una narrazione di variegate sfaccettature legate dal filo della memoria dell’autore- ben stimato professionista e perspicace conoscitore di uomini e vicende del territorio- che fa riscoprire aspetti della Baiano qual è stata attraverso la dimensione di popolaresca e popolare autenticità di personaggi che formano alcuni significativi tasselli del mosaico connotativo dell’agire e del sentire della comunità. Del nutrito e vivido collage si pubblica uno stralcio dell’introduzione di Gianni Amodeo .    

Tipi e personaggi di umanità varia, con la semplicità del vissuto peculiare della comune gente del tempo che fu. E’ intrigante e piacevole, la sequenza di bozzetti, con cui Romeo – per gli amici di lunga data, Mimì, in memoria del nonno paterno- Lieto consegna al lettore i profili della piccola comunità di Baiano così come era atteggiata nei lenti e tranquilli ritmi esistenziali che si trascorrevano a cavallo   degli anni ’30 e ’50 del secolo scorso; ritmi, che, però, subirono un’improvvisa e rapida accelerazione per l’intermezzo degli inquietanti assilli suscitati dai cupi riflessi e dalle tristi risonanze delle drammatiche vicende del secondo conflitto mondiale, l’immane tragedia sia di morte con cento milioni di vittime tra popolazioni civili e schieramenti belligeranti, sia d’illimitata distruttività con intere città rase al suolo soprattutto in Europa. Un vortice di violenza e annientamento, da cui l’umanità fu travolta, come mai era avvenuto nel cammino della sua millenaria storia.

E’  l’intermezzo, che fu segnato dalla calda ospitalità che l’operosa e tranquilla comunità  con fervido slancio di solidarietà riservò alle famiglie napoletane in fuga dai devastanti bombardamenti delle super-fortezze volanti anglo-americane che tra il ’42 e il ‘43 colpivano a tappeto le infrastrutture portuali e aeroportuali, gli snodi ferroviari, gli stabilimenti industriali, i siti strategici della città partenopea e dell’immediato hinterland;  comunità che restò sorpresa e frastornata, profondamente scossa e turbata dal traumatico bombardamento aereo che il 18 settembre del ‘43 si abbatté su alcune zone circostanti la stazione della Circumvesuviana, lasciando la dura implacabile impronta di morte per  venti, tra uomini, donne e bambini, tra cui, per beffardo destino, una famiglia appena sfollata dalla città del Golfo. Due momenti- quello della fraterna ospitalità per le famiglie sfollate e quello del caccia-bombardiere che sganciò i suoi ordigni di morte nei dintorni della stazione- in cui il minuscolo mondo nostrano conobbe  le inquietudini e le preoccupazioni per il primo reale impatto con la violenza della guerra, a cui avrebbero fatto seguito le diffuse difficoltà, spesso ardue da superare, per non patire la fame, generate dalle crescenti restrizioni nell’utilizzo delle tessere annonarie, per mancanza assoluta degli approvvigionamenti alimentari, ch’erano gestiti ed erogati dalle autorità di governo locali.

 Generose e provvidenziali furono, tuttavia, le vicine terre di campagna e quei giardini ad orto  di pertinenza delle case padronali e dei quattro o cinque palazzi signorili allora esistenti con colture che assicuravano a sufficienza e a chilometro-zero, come si direbbe oggi,  l’essenziale per i fabbisogni alimentari, fornendo con dovizia ortaggi, pomodori, fagioli, fave, patate, nocciole, noci, castagne e tanta frutta di “stagione” con quelle varietà di fichi, pere, mele,uva, prugne, ciliegie, arance e mandarini, cachi diventate ormai un pallido e lontano ricordo del passato e di cui sono scomparse o neanche più praticate le cultivar, in omaggio alla monocoltura del nocciolo ben redditizia sul piano remunerativo, se il mercato “tira” e a fronte di un modesto impegno lavorativo. Il pane si confezionava  con una composita miscela di farine derivate da granoturco, segale, grano germano – ‘o jermano\ ghiermano- con qualche  spruzzata di farina di quel prezioso e eccellente grano che fortunosamente arrivava dalle ventose e estese terre d’altopiano di Campo reale in quel di Ariano Irpino, la magnifica città normanna del Tricolle.

 Era il pane,che, per lo più, si faceva cuocere nei forni domestici di corti e cortili; pane, che si induriva lentamente ed effondeva inalterata una gradevole fragranza, conservando la piena e saziante commestibilità fino a due settimane. Aveva il sapore dell’integrale e sicura genuinità, il cui gusto, forse, lievitava negli indici di prelibatezza più per l’incalzante e prolungato appetito da soddisfare che per la sua vera essenza; per companatico andavano più che bene un filo d’olio o un sottile strato di marmellata fattaincasa e conservata in capienti contenitori di vetro  o di sugna, e, meglio ancora, un pomodoro insaporito di poco sale o un tocco di ricotta o una fettina del classico “caso muscio” di produzione avellana tributaria di tecniche e ricette di millenaria tradizione. E non va dimenticato che il morbido “caso muscio” faceva parte del prospetto delle eccellenze casearie del Regno di  Napoli, alla luce dei “disciplinari” di quell’innovativa e modernizzatrice legislazione qual è stata quella del Decennio francese, grazie all’azione di Murat all’inizio dell’800; “disciplinari” da osservare rigorosamente, a garanzia delle eccellenze riconosciute, contemplando, tra l’altro, selezionate erbe di pascolo di cui le greggi ovine dovevano nutrirsi, per garantire al meglio la qualità del latte … di cui il latte nobile d’oggi è una particolare  versione fornita da mandrie bovine selezionate e tenute al pascolo in alcune aree appenniniche del Mezzogiorno.

L’AUTORE: VITA PROFESSIONALE ED ESPERIENZE D’IMPRESA

Di quel variegato periodo del secolo scorso, Romeo Lieto è attento, memore e arguto  osservatore con testimonianze esistenziali in “presa diretta”. Geometra di professione con oltre cinquant’anni di iscrizione all’Albo professionale della provincia di Avellino, del cui Collegio è Senatore, ed esperienze imprenditoriali maturate nell’edilizia, ha pubblicato su riviste specializzate articoli di notevole valenza argomentativa in ordine alla legislazione post-sismica dell’80 e soprattutto sulle gravi carenze normative sulle modalità applicative degli stati di avanzamento dei lavori pubblici, autentiche fonti di corruzione e ladrocinio di pubblico denaro, in cui si realizza l’intreccio tra il malaffare dei ceti politico-amministrativi degli Enti locali e la criminalità organizzata ed economica.

 Ma Romeo Lieto vive essenzialmente la condizione di “uomo di strada”, così come predilige chiamarsi, in omaggio alle molteplici esperienze e relazioni personali e sociali vissute nella lunga attività lavorativa praticata e che delle cose umane gli permettono di avere acuta e penetrante conoscenza- racconta aspetti e vicende con la passione di chi ama profondamente  la propria terra. E’ l’affabulazione che gli fa rivisitare con lo sguardo del ragazzo qual è stato squarci del passato che si è come cristallizzato nei ricordi per una memoria che non è né rimpianto né nostalgia, ma solo un approccio forte e passionale che restituisce la dimensione popolare e popolaresca a uomini e donne che sono lo specchio riflettente della Baiano di ieri senza velleità e,  meno che meno, presunzioni di letterarietà, ma con quello spirito di schietta autenticità dell’appartenenza alla comunità da onorare attraverso personaggi sinceri e veraci che ne hanno rappresentato l’anima, facendoli ri-vivere con i loro temperamenti e caratteri nella narrazione. Un tributo alla radici e all’identità comunitaria in cui si riconosce e di cui si sente parte viva, quello che Lieto rende con i bozzetti delineati, ricchi di calda umanità.

 IL  “RITRATTO” DEL DUCE “GUIDA”.  L’OCCUPAZIONE DELLA “CASINA DEI SIGNORI

Arcigodibili  per la scanzonata e frizzante ironia che promanano sono i due bozzetti,di cui è protagonista Sapetielloe Scognarapesta. Ed ecco il racconto, in cui, Sapetiello, finisce- siamo negli anni ’50–  per denuncia del sindaco pro-tempore che se n’era reso oltremodo zelante, al cospetto del maresciallo dei carabinieri, per chiarire le sue “responsabilità” di usurpazione di titolo di pubblico ufficiale, essendosi proclamato ” il primo cittadino” della comunità. Non era responsabile di alcun usurpazione, sostenne, Sapetiello, con disinvolta compostezza di sé, dal momento che l’abitazione in cui viveva con i famigliari era  davvero la prima ad affacciarsi sulla S.S. 7bis, così com’è indicata nella particella catastale del territorio comunale, per coloro che provengono da Napoli in direzione di Avellino, nella lingua di strada SperoneBaiano. E, dunque, chi l’abitava non poteva che essere il “primo cittadino” per residenza abitativa localizzata proprio  nella … prima particella catastale di Baiano.

 Ma  Sapetiello  si era superato per la pittoresca scioltezza di lingua  ben prima, grazie al suo innato fare scanzonato e … guascone nel capeggiare, con uno sparuto drappello di giovani amici e coetanei, la bonaria e  scherzosa “occupazione” di quella che comunemente era chiamata “La Casina dei Signori”,  l’attuale “Circolo sociale”, con sede nei locali del Palazzo municipale, ieri come oggi, che apre i battenti su corso Garibaldi. La “Casina” era assiduamente  frequentata, dal mattino alla sera avanzata, dai pochi benestanti e possidenti terrieri locali con le rendite sotto-il-cuscino ad ogni levarsi di giornata e senza bisogno di … lavorare, ‘e signuri.

 E così a sorpresa, un bel giorno – siamo negli anni ’30 in cui il regime mussoliniano dissipò ingenti risorse umane ed economiche nell’ inutile guerra d’aggressione per realizzare la feroce “conquista” dell’Abissinia con la creazione dell’effimero Impero d’Italia e d’Etiopia, attuando, parimenti, il completamento della bonifica delle Paludi pontine con l’assegnazione dei lotti a 20 mila famiglie venete, l’istituzione dell’Imi, dell’Iri, dell’Inps, dell’Inail, dell’Opera nazionale per la maternità e l’infanzia, dell’estensione obbligatoria a cinque del ciclo delle scuole elementari –  Sapetiello e gli altri  decisero di “impossessarsi” dei locali della “Casina” più per un’estemporanea iniziativa che per recare una qualche offesa e ingiuria ad altri, lontani com’erano dall’aspirare allo status di soci del “Circolo dei Signori”. La faccenda suscitò scalpore e sconcerto tra “ ‘e signuri”, che, distolti dalle loro “pratiche” consuete, non esitarono un …. minuto secondo a farsi grande scrupolo e a darsi pari cura nel sollecitare l’immediato intervento del rappresentante dell’Autorità preposta all’ordine pubblico. Detto, fatto; il pubblico funzionario si precipitò  immantinente da Avellino, per indagare sulle gravi responsabilità degli autori dell’”occupazione, suscettibili di essere iscritti nel fascicolo dei … sovversivi.

E al funzionario, che con fiero cipiglio si era rivolto agli “occupanti”, per chiedere ragione del loro atto, Sapetiello, a nome di tutti,  svelò senza esitazione e con nonchalance che a promuovere l’ “occupazione” dei locali della “Casina” era stato il Duce in persona. Una rivelazione che lì per lì, sconcertò il funzionario, ma il pensiero di avere a che fare con una persona uscita di senno gli sopraggiunse fulmineo nella mente, tanto da acconciarsi al gioco che Sapetiello gli stava combinando. Allora, il funzionario con aria di superiorità e … sufficienza, chiese perché mai il Duce  avesse compiuto un’ ”impresa” del genere, avendo ben altro a cui attendere. E Sapetiello sicuro di sé  chiarì  che gli “occupanti”  si erano sì appropriati provvisoriamente della “Casina” , ma lo avevano fatto innalzando a più mani e  a mo’ di vessillo dell’ “impresa” un quadro con la grande icona fotografica del Duce. Un passe-partout che non ammetteva discussioni e … riserve. Il funzionario abbozzò e ammutolì riverente ed ossequioso  per l’icona fotografica  del Duce assurta a garanzia assoluta del “fatto” che non andava neanche messo in discussione. E non fece più parola. A loro volta, “ ‘e signuri” non mossero verbo e Sapetiello dispose di togliere l’”occupazione”.

L’aveva vinta su tutti i fronti, la partita, e … in gloria. Ineffabile e meraviglioso Sapetielloe  Scognarapesta, lingua lunga e mordace, al servizio di una raffinata intelligenza e di tanta prontezza d’intuito. Aveva sottoposto ad una solenne e memorabile “scognatura”  sia il funzionario che ” ‘e signuri” , sbatacchiandoli addirittura con la sola l’immagine del Duce, loro tanto cara e venerata … finché rappresentò l’indefettibile Potere autoritario e assoluto, a cui prosternarsi …. piedi baciando. Costume di ricorrente osservanza verso tutte le forme di  Potere forte o blando in apparenza.

Nel collage narrativo “montato” da Romeo Lieto si incontrano altri personaggi come Sapetiello,. E così si presentano sul proscenio narrante Nicolae Chiaccone foto-reporter speciale, che  “umilierebbe” alla grande con la sua ingegnosa  “macchina”  i tanti che si concedono alla “dittatura” narcisista del selfie da tablet, telefonini cellulari,smartphone, Andrea Sgambatio strologo– modello di self made  man- e i protagonisti de “La patacca”. Di grande ed incisivo effetto veristico i bozzetti, di cui sono protagoniste “ ‘Ngiulinella a don Giuvan”, “ Chiacchiella”,       madri, donne di famiglia e lavoratrici, senza dimenticare la straordinaria “Mariuccia”, cieca fin dalla nascita, nubile, ben voluta da tutti  che campava la vita vendendo uova fresche di giornata ed aveva particolari capacità sensoriali che le permettevano di attraversare le strade a Baiano, come a Sirignano e Quadrelle  senza inciampare con un’andatura quasi saltellante, che le dava la necessaria sicurezza motoria. Un trittico di figure femminili davvero esemplari per decorosa dignità e costumi di vita.  E con loro come con i personaggi appena citati, c’è tanto altro da riscoprire.

Buona lettura.