SANT’Oggi. Giovedì 23 marzo la chiesa celebra, san Turibio Alfonso de Mogrovejo, san Giuseppe Oriol

SANTOggi. Giovedì 23 marzo la chiesa celebra, san Turibio Alfonso de Mogrovejo,  san Giuseppe Oriol

SANTOggi. Giovedì 23 marzo la chiesa celebra, san Turibio Alfonso de Mogrovejo,  san Giuseppe Oriola cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 23 marzo la chiesa celebra, san Turibio Alfonso de Mogrovejo, nacque a Mayorga (Spagna) il 16 novembre 1538, da una nobile famiglia. Studiò diritto canonico a Valladolid e presso l’Università di Salamanca, dove rimase come docente anche dopo la laurea. Re Filippo II, nonostante fosse ancora un laico, nel febbraio del 1571 lo mise a capo, a 40 anni, del tribunale dell’Inquisizione di Granada. Nel maggio del 1579 il sovrano lo designò arcivescovo di Lima, chiamata allora Ciudad de Los Reyes, la città fondata dal condottiero spagnolo Francisco Pizarro nel 1535 nella colonia spagnola del Perù, e papa Gregorio XIII confermò la nomina SANTOggi. Giovedì 23 marzo la chiesa celebra, san Turibio Alfonso de Mogrovejo,  san Giuseppe Orioleleggendolo successore di Jerónimo de Loayza. Essendo ancora laico al momento della nomina a vescovo, gli hanno dovuto conferire tutti gli ordini insieme, in quattro domeniche consecutive, Turibio ricevette gli ordini minori; poche settimane dopo fu ordinato presbitero e, infine, consacrato vescovo. Ricevuta a Siviglia la consacrazione episcopale, il 12 maggio del 1581 Turibio prese possesso della sua sede vescovile. All’inizio dovette affrontare la decadenza spirituale degli spagnoli colonizzatori, i cui abusi i sacerdoti non osavano correggere. Naturalmente si proclamano cristiani, e propagatori della fede, e infatti ci sono moltissimi indios e meticci già battezzati, e anche i primi schiavi neri portati dall’Africa. Ma sono stati cristianizzati con la violenza, usando pure i precetti religiosi per tenerli sottomessi e poveri. La scoperta di questa situazione dà a Turibio la passione per una battaglia che durerà fino alla morte. I suoi venticinque anni di episcopato sono occupati da visite pastorali, da concili locali e sinodi diocesani per migliorare la qualità del clero. È severissimo con i preti succubi dei conquistadores, e dando l’esempio va formando un clero nuovo. Con il suo esempio personale, mise un freno agli abusi, moralizzò i costumi e promosse la riforma del clero. In poco tempo, l’ex-giurista si trasformò in un esimio catechista che evangelizzava gli indigeni con parole semplici ma ardenti. Curò la pubblicazione del catechismo in spagnolo, quechua e aymara e fondò, nel 1591, a Lima il primo seminario di tutta l’America Latina. Ebbe l’inestimabile soddisfazione di convertire migliaia di indigeni e di cresimare tre santi: san Martino di Porres, san Francesco Solano e santa Rosa di Lima. Nel 1605 durante la sua ultima visita pastorale, a Pacasmayo, contrasse la febbre che l’anno successivo lo portò alla morte, presso la sua residenza di Saña, presso Lima. Sentendo approssimarsi l’ora estrema, recitò il Salmo 122: «Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!». Morì a Saña il 23 marzo 1606.
SANTOggi. Giovedì 23 marzo la chiesa celebra, san Turibio Alfonso de Mogrovejo,  san Giuseppe Oriol23 marzo: san Giuseppe Oriol (Josep Oriol i Bogunyà), nacque a Barcellona (Spagna) il 23 novembre 1650, da una povera famiglia. Il padre, tessitore di seta, morì sei mesi dopo la sua nascita e dopo due anni la madre si risposò con un calzolaio, che si affezionò al figlio di lei come se fosse stato suo. Lo affidò al curato della sua parrocchia, Santa Maria del Mare, perché lo educasse; Giuseppe entrò a far parte del coro, fu istruito nella musica e nel catechismo e ricevette probabilmente un’educazione primaria, senza la quale non avrebbe potuto compiere gli studi che in seguito intraprese. Venne chiamato per svolgere il compito di sagrestano e, durante il servizio, acquistò una grande sensibilità per la presenza sacramentale di Cristo. Era solito trascorrere molte ore in preghiera in chiesa. Il suo patrigno morì quando egli aveva 12 o 13 anni, e la madre si ritrovò ancora una volta in difficoltà economiche. Grazie alla generosità di benefattori sconosciuti Giuseppe fu in grado di continuare gli studi all’università. A 23 anni vinse un dottorato in teologia presso l’università di Barcellona, continuando a studiare contemporaneamente teologia morale ed ebraico. Venne ordinato sacerdote nel 1676. Consapevole delle difficoltà economiche della madre, iniziò a lavorare come tutore dei figli di una famiglia ricca, dove si trasferì, trovandosi a condurre un’esistenza ben lontana da quella della sua infanzia. Nel 1677 un fatto accadutogli a tavola ebbe un effetto irreversibile; stava per servirsi da uno dei piatti colmi di cibo delizioso quando sentì la sua mano trattenuta una, due e tre volte da una forza misteriosa ma invincibile. Interpretò quella strana paralisi come un ammonimento divino a non inseguire una vita comoda e da quel momento iniziò un digiuno che protrasse per tutta la vita. Il suo unico sostentamento furono pane nero e acqua, aggiungendo erbe selvatiche nei giorni di festa e una sardina per Natale e Pasqua. Durante la Quaresima mangiava e beveva solo di domenica. Rimase con la famiglia Gasneri per nove anni, fino alla morte della madre avvenuta nel 1686. Tre settimane dopo partì a piedi per andare a Roma. Là gli fu assegnata da papa Innocenzo XI una rendita per la cura delle anime della chiesa di Santa Maria dei Re a Barcellona, conosciuta più comunemente come Nuestra Senora del Pino. Ritornò in Spagna per iniziare il suo ministero, che sarebbe terminato con la morte, 15 anni dopo. Giuseppe Orìol affittò una piccola stanza da un certo dottor Padrós, continuando a risiedervi anche dopo la morte di quest’ultimo, con il consenso della vedova e rimanendovi fino alla sua ultima malattia. Tutto ciò che possedeva erano un tavolo, una panca, un crocifisso e pochi libri. Non c’era fuoco a proteggerlo dal freddo invernale e non c’era un letto, ma usava un semplice stuoino. Non spendeva nulla per sé o per i suoi bisogni, tenendo tutto il denaro che gli proveniva dal suo beneficio per i poveri o per le messe per i defunti. La cosa più importante per lui era il ministero nel confessionale, al quale dedicava ogni minuto libero. Ad un certo punto fu colto da un irresistibile desiderio di martirio e decise di andare a Roma per mettersi a disposizione della Congregazione per la Propagazione della Fede. Invano i fedeli di Barcellona lo scongiurarono di rimanere, egli partì per l’Italia, ma a Marsiglia cadde ammalato e una visione di Maria lo incoraggiò a tornare a Barcellona e a trascorrere il resto della vita prendendosi cura degli ammalati. Sentendo avvicinarsi la morte, chiese una stanza e un letto a un amico e vi si trasferì. Fu sempre sereno, quasi felice e, come sentì prossima la fine, chiese che recitassero lo Stabat Mater. Morì il 23 marzo 1702, a 52 anni.