“Aiutiamo i nostri bambini”: Intervista alla psicologa dott.ssa Carmen Avanzo.

Aiutiamo i nostri bambini: Intervista alla psicologa dott.ssa Carmen Avanzo.

Aiutiamo i nostri bambini: Intervista alla psicologa dott.ssa Carmen Avanzo.
Dott.ssa Carmen Avanzo

La seconda intervista è dedicata all’aspetto psicologico nel bambino durante questa fase atipica per la loro e la nostra vita. Quindi, dopo aver sentito il pediatra, dottor Francesco Carlomagno, la dottoressa Carmen Avanzo psicologa psicoterapeuta cognitivo- comportamentale ed operatrice di pet therapy, ci aiuterà a capire un pochino di più come vivono i nostri piccoli eroi questa emergenza.

In un momento così difficile, i genitori si trovano spesso a dare in mano ai propri bambini il cellulare o magari a tenerli molto tempo davanti alla tv. Quali sono i rischi che corrono i bambini abusando degli schermi? L’abuso degli schermi e dunque di cellulari, tablet, tv e di tutti i dispositivi elettronici è nocivo per tutti ed in particolar modo per l’età evolutiva. Parlando di abuso si fa riferimento ad un’esposizione continua, prolungata nel tempo che supera di sicuro i 40/50 minuti consigliati dall’OMS dai 3 anni in su. Netto è il divieto di esposizione fino ai 2 anni. I fattori di rischio di un’esposizione prolungata possono essere svariati. Non parliamo di una relazione causa-effetto, ma della possibilità che nei bambini possano riscontrarsi alcune delle seguenti difficoltà quali: un’alterazione del ritmo circadiano e dunque del sonno: gli schermi attivano il cervello per cui utilizzati nel dopo-cena di certo non conciliano l’addormentamento dei bambini, meglio seguire altre routine quale la lettura di un libro; lo sviluppo di una dipendenza dallo schermo: non sono rari i casi di crisi di rabbia nei bambini qualora i genitori iniziano a porre dei limiti o divieti nell’utilizzo degli stessi; un’eccessiva sedentarietà che può portare ad un’altra serie di rischi quali sovrappeso, non stimolazione dello sviluppo delle attività motorie fini e grossolane; anche l’attenzione può risentirne in quanto il bambino potrebbe fare “zapping” e dunque passare da un programma ad un altro o da un gioco all’altro, senza impegnarsi ed avere la consapevolezza di ciò che sta facendo. L’esposizione passiva allo schermo può inoltre far sorgere in lui una sensazione di abbandono, di noia e di solitudine.
Questi sono alcuni dei rischi in contro ai quali i bambini potrebbero trovarsi qualora esposti in maniera passiva difronte lo schermo, ma l’esposizione ad un programma  o ad un video interattivo, sotto sorveglianza di un genitore e per un tempo circoscritto può, al contrario, stimolare le capacità attentive e cognitive del bambino.
Sono giorni in cui i bambini manifestano spesso problemi comportamentali dovuti anche alla noia o all’impossibilità di sfogare le proprie energie. Come affrontare questo problema? Cosa possiamo proporre loro e in che modo?Di certo i bambini hanno vissuto e stanno vivendo la reclusione e la privazione delle loro routine in maniera più resiliente di noi adulti, in quanto per definizione il bambino ha una capacità di adattabilità superiore a quella dell’adulto. Ciò nonostante, gli effetti di questo cambiamento netto ed improvviso stanno avendo conseguenze comportamentali ed emotive. La noia, l’impossibilità di sfogare le proprie energie all’aria aperta è un vissuto comune a molti bambini in questo periodo. I genitori hanno tirato fuori il bambino che è in loro per impegnare i bambini in svariate attività domestiche, ludiche; le maestre hanno inviato materiale didattico e ricreativo affinchè i bambini potessero mantenere non solo un legame con la scuola ma anche per proporre appunto attività ludico ricreative. La cosa importante, a mio parere, è che i bambini debbano vivere la noia, un’emozione come le altre, in quanto è dalla stessa noia che il bambino è attivato e si ingegna, creando o semplicemente vivendosi quel momento. Per quanto riguarda invece la maggiore esposizione ad una vita sedentaria, dobbiamo ricordarci che di certo passeggiare, andare in bicicletta, giocare a pallone sono attività pur sempre piacevoli, ma anche in casa possiamo inventarci percorsi psico-motori utilizzando materassini, cuscini, sedie e ciò che si ha in casa per creare percorsi; ballare tutti insieme può essere un ulteriore attività di sfogo fisico di energie ma anche di divertimento ed unione familiare; si possono creare percorsi utilizzando del nastro adesivo e creare dei piccoli labirinti o percorsi direzionali; anche una caccia al tesoro potrebbe essere un modo per far attivare l’ingegno e stimolare la motricità. Rispolverare i “vecchi” giochi quali un due tre stai là, il gioco della sedia, color color, potrebbe essere un ulteriore modo per sfogare energie e per condividere con i propri figli una parte della nostra storia di genitori-bambini. L’unico modo per proporre qualsiasi attività ai bambini è sentire quel gioco, quell’attività propria: se a noi piace piacerà anche ai nostri figli e riusciremo a coinvolgerli senza fatica.
Con la scuola chiusa, molti bambini si rifiutano di fare delle attività che possano in qualche modo portare avanti un minimo programma scolastico. Alcuni però si sono ritrovati a perdere un anno importante, magari quello di preparazione alle elementari. Come aiutarli per evitare l’impatto con la nuova classe? Il passaggio da un livello scolastico ad un altro è sempre un cambiamento importante. Ripeto che i bambini sono molto più adattabili di noi, sanno anche in maniera inconscia, che settembre è il mese in cui inizia la scuola, che andranno alla cosiddetta “scuola dei grandi” ecc…
Personalmente penso che la cosa importante ora sia stare vicino ai bambini dal punto di vista emotivo facendogli esprimere le emozioni che provano e perché no, condividendo anche le proprie. La preparazione alla nuova scuola, alle elementari, per i bambini sta nella preparazione ad una nuova vita sociale, alla conoscenza di nuove maestre e nuovi amici, nella preparazione al nuovo in generale per cui dobbiamo sostenerli in questo più che alla preparazione didattica. Spesso i bambini arrivano al primo anno di scuola elementare che sanno già leggere, scrivere, riconoscere i numeri, anzi ormai è la normalità. Sicuramente un genitore non è un insegnate né deve e può sostituirsi allo stesso: potrebbe trasmettergli la conoscenza numerica o delle lettere attraverso attività quotidiane (es.: prendi tre forchette per apparecchiare e dunque contare insieme) e non necessariamente tenendo il bambino seduto a compilare schede se non gli va.  L’impatto con la nuova classe sarà un impatto di sicuro diverso in quanto ci saranno adeguamenti spazio-logistici che seguiranno le nuove normative e dunque diversi da quelli ai quali i bambini erano abituati per cui dobbiamo riflettere anche su questo, sul vivere in primis noi genitori una scuola nuova e diversa e forse farci insegnare dai bambini a come adattarci o vivere con loro questo cambiamento. Penso che cercare di vivere con serenità questo periodo e condividendo le proprie emozioni e sensazioni potrebbe essere l’arma vincente per trasmettere ai bambini un modo di affrontare le situazioni ed i cambiamenti riscoprendo tutta la resilienza che è in noi.
Lei effettua anche sedute di pet therapy. In che modo un animale può essere un supporto nella crescita psicofisica di un bambino e a quale età ne consiglia nell’eventualità l’adozione? Si sono un’operatrice di pet therapy e mi avvalgo dell’ausilio dei miei animali per sedute singole, di gruppo ed attività laboratoriali. Quando si parla di pet Therapy non si parla semplicemente di avere un cane o un coniglio in casa: gli animali da pet therapy sono animali educati a tal fine, dei veri e propri co-terapeuti.
Un animale domestico di sicuro è un valido supporto nella crescita di un bambino qualora si instauri una relazione effettiva. Per il bambino avere un animale al proprio fianco nei momenti di gioia e di tristezza, averlo lì presente fisicamente ma che non chiede, non giudica, è spesso proprio quello di cui il bambino stesso ha bisogno ma che l’adulto spesso non comprende in quanto preoccupato a capire cosa sia successo, a fare domande ecc..
Spesso l’animale diventa il proprio fratello o sorella con il quale giocare, combinare danni e condividere anche i propri giochi e spazi. È inoltre qualcuno di diverso da noi fisicamente, con un proprio linguaggio, per cui è anche un’esposizione per il bambino, al diverso da sé stimolando ulteriormente il suo senso di tolleranza e di adattabilità.
Nella vita di un bambino l’animale domestico è tutto questo e molto di più: insegna e trasmette il rispetto verso l’altro, l’impegno nel prendersi cura, diventa un confidente, uno sprono ad uscire e fare delle passeggiate per cui in effetti un validissimo supporto per la crescita psico-fisica del bambino.
Non c’è un’età giusta o consigliabile per adottare un animale, tutte le età vanno bene. L’unica cosa che io mi sento di consigliare, qualora si faccia una scelta del genere, è avere la consapevolezza dell’impegno che l’intera famiglia si assume nell’inserire un nuovo membro nel nucleo familiare.
La presenza costante dei genitori in casa, conduce spesso il bambino a richiederne la compagnia durante il gioco. È una cosa che può essere deleteria ai fini dello sviluppo dell’autonomia del bambino?  Deleteria non direi. Di certo i bambini devono imparare anche a giocare da soli, ma la presenza del genitore, la condivisione dei momenti ludici di certo non va ad inficiare lo sviluppo dell’autonomia. Importante è che il genitore trasmetta al bambino che ci sono tempi e giochi da fare in compagnia e tempi in cui è bene che il bambino giochi da solo. Questo lo si può trasmettere inizialmente rendendo sempre il tutto un po’ “magico” per il bambino e dunque esortandolo ad esempio dicendo di fare una sorpresa al genitore di turno con un disegno, una costruzione particolare e successivamente scandendo i tempi verbalizzando esplicitamente che per i seguenti 20 minuti dovrà giocare o svolgere l’attività da solo (tutto è sempre relativo all’età di riferimento del bambino).
Una volta, il ricorso alla figura dello psicologo infantile era visto come necessario solo in caso di un disturbo conclamato. Ora invece, molti genitori si affidano a figure come la sua anche per un aiuto nell’educazione e per un supporto psicologico nella crescita di un bambino. In che modo e in quale misura la sua figura professionale può aiutare, anche in assenza di problemi? Certo, spesso i genitori fanno riferimento a noi psicologi per la gestione quotidiana dei propri figli. In assenza di patologie conclamate il supporto di psicologi e psicoterapeuti è richiesto spesso per la gestione della sfera emotiva dei più piccoli, piuttosto che comportamentale. Il nostro aiuto consiste nel fornire ai genitori gli strumenti per far fronte alla difficoltà o al disagio che si sta vivendo in quel momento all’interno dello specifico nucleo familiare. Ricordiamo sempre che i bambini sono parte del contesto familiare per cui, spesso, esperiscono una qualche difficoltà insita nel nucleo stesso. Spesso ci ritroviamo ad aiutare i genitori a comprendere alcune dinamiche “difficoltose” che si sono instaurate con il proprio figlio e dunque ad affrontarle in maniera funzionale in primis attraverso il dialogo e poi attraverso il ricorso a tecniche precise proprie della nostra professione; altre volte il supporto è richiesto per la gestione della sfera emotiva (soprattutto in questo periodo i bambini stanno vivendo all’interno di una società in cui la paura fa da padrona) psicoeducare bambini e genitori alle emozioni aiuta tutto il nucleo familiare favorendo spesso una comunicazione all’interno della diade genitore-bambino mai avvenuta prima; altre volte ancora affrontiamo con i genitori la definizione di routine ben specifiche al fine di stabilire dei ritmi adatti all’età del bambino in questione. Nel complesso l’aiuto di psicologi e psicoterapeuti per l’età evolutiva è strettamente connesso alla presa incarico dell’intero nucleo familiare e ad un lavoro di squadra psicologo-bambino-genitori al fine di garantire il benessere dell’intera famiglia.
Come si svolgono le sedute in questo periodo, dovendo rispettare le norme di sicurezza ed igiene imposte dal governo? Durante il periodo di quarantena le sedute sono avvenute da remoto e dunque tramite skype o portali similari. Per le sedute con i più piccoli si è stati in contatto con i genitori al fine di supervisionare l’andamento dei bambini. Dal 4 maggio e dunque con la graduale ripresa, sono state ripristinate le sedute presso gli studi, garantendo il distanziamento, utilizzando la mascherina e scaglionando gli appuntamenti in modo da aver modo di favorire un riciclo d’aria e la pulizia  della stanza.
La mascherina può incutere timore e inibire il bambino. Come affrontare questo problema? Personalmente non mi è capitato di leggere nei bambini né timore né inibizione. Questo penso non sia accaduto per due motivi: la famosa adattabilità di cui ho già parlato, che è un’arma potentissima nei bambini e l’educazione alla mascherina che hanno già ricevuto presso le famiglie per cui vedere noi terapeuti con le mascherine era come vedere i genitori per cui perché inibirsi? Il timore è legato alla non conoscenza per cui informare, in questo caso i bambini, del perché di tutte le misure precauzionali (mascherina, riduzione del contatto, distanziamento ecc..) può solo aiutarli a fargli vivere questi cambiamenti repentini in maniera consona senza disagi ulteriori a quelli che già la repentinità del cambiamento ha portato.
Molto genitori trasmettono, anche senza volerlo, l’ansia e la paura del contagio. È giusto spiegare ai bambini cosa sta succedendo? E in che modo? Non potremmo rischiare di far nascere in loro la paura di uscire?  Mi ricollego a quanto detto prima. Più i bambini conoscono più saranno consapevoli di ciò che potranno e non potranno fare. Conoscere ciò che accade intorno a loro gli permetterà di comprendere che il non poter andare a casa dell’amico o in giro con la bici non è un divieto che deriva dal genitore ma uno stato di necessità momentaneo dovuto al momento storico. Diverse associazioni, scuole, pedagogisti e psicologi hanno creato storie, video, canzoncine che spiegano molto bene che cos’è il coronavirus ai bambini e quali sono le regole da seguire. Leggerle insieme ai genitori forse può contribuire a ridurre anche lo stato di ansia e tensione che inequivocabilmente abbiamo vissuto tutti. Per cui penso sia giusto spiegare sempre ai bambini cosa accade nel mondo di certo in una maniera consona all’età, al fine di fargli avere la consapevolezza di ciò che accade intorno a loro e di avere informazioni certe e vere ricevute dai genitori piuttosto di quelle “romanzate” dagli amichetti. Il modo migliore è quello di trasmettere con serenità, in questo specifico caso anche attraverso disegni, drammatizzazioni con le marionette, nel modo più vicino alle preferenze del proprio bambino.
Le paure sono trasmissibili anche attraverso racconti o il comportamento messo in atto per cui certo è possibile trasmettere la paura di uscire se in primis i genitori tendono ad averla e dunque agiscono anche verbalmente in maniera restrittiva verso i bambini aumentando i livelli di tensione: qui l’arduo compito di lavorare sull’emozione e dunque viverla a pieno per poi gestirla in maniera più funzionale perché no insieme al proprio bambino. Se però nonostante la paura genitoriale, il bambino ha consapevolezza del virus, delle misure precauzionali e tutto ciò che c’è a contorno in questo periodo, non vedrà l’ora di poter uscire e scorazzare all’aria aperta.Ultima domanda. Con entrambi i genitori in casa per tutto il giorno, aumentano le occasioni di tensioni e di discussioni tra di essi. Soprattutto nelle famiglie che sono in difficoltà economica causata dalla chiusura della propria attività. Come comportarsi nei confronti dei bambini? Il consiglio è sempre ridurre le discussioni in presenza dei bambini e dunque chiarirsi quando i bambini dormono o andare in un’altra stanza anche se difficile. La tensione di certo viene avvertita dal bambino ma vale il discorso di prima: metterli a conoscenza. Spiegare ai bambini che i genitori possono litigare e discutere come fanno loro con gli amichetti, i cugini, i fratelli è normale, può accadere così come poi si fa la pace per cui mostrare che la mamma ed il papà si sono chiariti è di fondamentale importanza per trasmettere loro la fluidità dei rapporti, che le cose si aggiustano insomma. Non possiamo abituare i bambini alla famiglia sempre felice e serena, in quanto anche il bambino stesso non è sempre felice e sereno per cui non ci crederebbe in primis. Essere trasparenti e chiari con i bambini è un’arma vincente: mostrargli che i genitori vivono emozioni come la rabbia, la tensione e poi riescono a risolvere un problema, una discussione è l’esempio migliore da dargli.

Felice Sorrentino