Guida Sentimentale ai Monti di Avella: l’Orto di Virgilio

Guida Sentimentale ai Monti di Avella: lOrto di Virgilio

di Valentina Guerriero

“Guida sentimentale della Campania” è la rubrica che ci porta a conoscere le bellezze del nostro territorio attraverso l’esperienza di chi ha vissuto e visitato queste terre, raccontandoci tutto quello che c’è da sapere e non mancando di contributi fotografici.

Guida Sentimentale ai Monti di Avella: lOrto di Virgilio

Alle spalle di Montevergine, tra Avella e Mercogliano, c’è un piano a forma di trifoglio che prende il nome di Campo Maggiore, raggiungibile in vari modi. Su uno dei suoi petali, quello che si distende in direzione di Mugnano-Campo di Spina, c’è un laghetto di origine pluviale, che si riempie e ritira a seconda della stagione, anche lui come se fosse un fiore che si apre e chiude al variare del tempo.

Guida Sentimentale ai Monti di Avella: lOrto di Virgilio


E’ qui che è nascosto l’Orto di Virgilio, un fazzoletto di terra in cui venivano coltivate le piante officinali dai monaci di Montevergine e prima di loro, intorno al I sec. a.C dal poeta Virgilio.

Di lui sappiamo, tra le tante cose, che era anche un mago, e diverse leggende napoletane lo vedono protagonista. Nella tradizione partenopea Virgilio era un’entità benefica vista al pari di S.Gennaro (che storicamente precedeva, e che dopo il santo sostituì), egli era dedito alla magia bianca, per il bene della città. Si trova traccia di queste storie in un libro del 1300, Cronica di Partenope, riportate successivamente da Matilde Serao, in un capitolo del suo libro Leggende Napoletane interamente dedicato a Virgilio.

Matilde Serao accenna all’esistenza di un orto e parla di come il mago-poeta passò buona parte del suo tempo a Montevergine (e non solo a girovagare nei Campi Flegrei, che ispirarono l’Eneide).

“…fu Virgilio, che per la sua virtù magica, fece sorgere un orto di erbe salutari per le ferite ed ottime come condimento alle vivande” (Leggende Napoletane, Matilde Serao)

Stiamo però saltando un passaggio importante. Com’è che Virgilio, mantovano, a quei tempi si trovava a Napoli?

Figlio di un possidente terriero di Mantova, il giovane e non ancora poeta fu inviato a Napoli per studiare alla famosa scuola epicurea di Sirone, che ai tempi era tra le migliori. In realtà i genitori avrebbero voluto indirizzarlo ad altri tipi di studi, ma Virgilio si ribellò. Gli studi filosofici della scuola epicurea comprendevano anche le scienze, la botanica e vari altri settori. Si trattava di una formazione “ad ampio spettro” tipica dell’epoca ed infatti la dottrina degli epicurei discendevano dall’atomismo di Democrito, interrogandosi sul funzionamento dell’universo e della natura. Sirone aveva una villa a Posillipo che pare alla sua morte ereditò Virgilio, in ogni caso è certo che Virgilio si ritrovò delle proprietà a Napoli.

Il poeta rimase in Campania fino a quando non fu richiamato a Roma e poi a Mantova: era un periodo di forti problemi civili e le terre venivano espropriate dall’impero romano, questo accadeva specialmente in Nord Italia. Fu colpito dal problema Virgilio ed infatti la sofferenza per la perdita delle proprie campagne fu un tema ricorrente di tutta la sua produzione letteraria. E’ per questo che ad un certo punto il poeta dovette andare via per proteggere le sue proprietà a Mantova, restò, però, sempre legato a Napoli, tant’è vero che chiese di esservi sepolto e di ciò troviamo testimonianza a Piedigrotta(Mergellina) con un monumento funerario a lui dedicato.

«Mantova mi generò, il Salento mi rapì, e ora mi tiene Napoli»

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Tomba di Virgilio a Piedigrotta. Nel parco sono contenute le spoglie sia di Virgilio che Giacomo Leopardi. 
Foto proveniente da Wikipedia

Tutta la produzione di Virgilio fu quindi influenzata dai paesaggi campani.
Vistosi esempi di ciò sono la collocazione della porta dell’Inferno sul Lago d’Averno o la scena della Sibilla Cumana nell’Eneide.

Ma il forte legame tra la Campania e Virgilio si vede specialmente nelle sue opere giovanili, le Bucoliche e le Georgiche, componimenti agresti che descrivono la vita nelle campagne.

Sebbene ufficialmente siano ambientate in Arcadia, in Grecia, erano ispirate alle terre della sua giovinezza, nel mantovano, e si possono ritrovare all’interno molte tracce del Partenio, dove sicuramente Virgilio si trovava quando le scrisse.

Tra l’altro, nella ricerca all’interno delle Bucoliche di riferimenti all’appennino campano, trovo citato – che buffo caso – un omonimo Monte Partenio della Grecia, in Arcadia (che ricordiamo voglia dire Monte della Vergine).

Ecco il passo:

Ho deciso che è meglio soffrire nei boschi, tra le spelonche delle fiere e la storia dei miei amori inciderla sugli alberi giovani, che cresceranno e insieme a loro il mio amore. Intanto percorrerò il Menalo assieme alle ninfe o caccerò gli aspri cinghiali. Il freddo non mi impedirà di accerchiare c…

Così, in queste dieci ecloghe che compongono le Bucoliche, non è difficile immaginarsi le piane nascoste tra i valloni scoscesi del Partenio, naturale pascolo per le vacche. Non è difficile neanche immaginarsi il mago-poeta, vestito con una tunica come nell’iconografia dantesca, spostarsi da Montevergine al Campo Maggiore, nei pressi del laghetto, per controllare la crescita delle sue piante officinali e prelevarne alcune, in un giorno d’inverno, mentre il vento sferza tra i crocus, che sono tra i pochi fiori resistenti al freddo e alla neve.

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Abbazia del Loreto, Mercogliano, costruita su disegno del Vaccaro a metà del 1700. I monaci del Loreto osservavano la regola benedettina, “Ora et labora”.

Negli anni, i monaci di Montevergine hanno continuato la coltivazione delle erbe officinali già presente ai tempi di Virgilio, della cui pratica si può trovare testimonianza nella farmacia dell’Abbazia di Loreto a Mercogliano. I vasi della farmacia sono di fattura vietrese e colpiscono i vari suppellettili, mortai e bilancini ed un particolare luogo in cui veniva conservato il veleno da utilizzare in momenti di emergenza. E’ in questa farmacia che le piante officinali venivano lavorate e conservate. E molte delle piante officinali, come stavamo dicendo prima, provenivano proprio dall’Orto di Virgilio.

L’Orto è nominato anche da Pino Eremita, dirigente della comunità montana Partenio-Valle di Lauro nel suo libro Flora Officinale Spontanea dell’Appennino, di cui vi riporto le informazioni riguardanti Virgilio.

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Farmacia dell’Abbazia di Loreto

… i napoletani gli avevano dato il soprannome di Phartenias, come colui che passava i giorni in solitudine sui monti del Partenio. Sembra addirittura che su questi monti vi fosse un giardino, coltivato dallo stesso poeta, dove si trovava ogni sorta di erba medicinale: egli avrebbe tratto ispirazione…

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Nei secoli, l’attività erboristica è andata a diminuire, fino alla chiusura della farmacia nel 1901, e l’esatta ubicazione dell’Orto di Virgilio s’è persa con la morte degli ultimi monaci, sebbene non risulti affatto difficile ritrovarlo. Ciò che è certo è che l’Orto si trovasse a Campo Maggiore: nei pressi del laghetto nell’ultimo petalo del trifoglio del Campo Maggiore.

D’altronde, in tutto il campo la natura è particolarmente rigogliosa e i fiori si spargono in distese infinite, principalmente di colore rosa nel mese di giugno.

Tutto vince Amore, e anche noi cediamo all’Amore. 

Virgilio

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Oggi nel complesso di Montevergine e del Loreto si producono ancora alcuni tipi di liquori e di miele, ma la produzione di quest’ultimo è molto ridotta. Da anni le api hanno dei problemi di sopravvivenza a causa dei diserbanti e degli anticrittogamici utilizzati nei campi vicini all’Abbazia, dove, nel punto vendita, ci dicono di tenere oggi le api. Non sono bei tempi per le api, e occorrerebbe riportare tutto a Campo Maggiore come secoli fa.

Anche Virgilio (come tutti i romani, d’altronde) teneva molto a questi insetti e dedica un intero libro (Libro IV) al loro allevamento nelle Georgiche.

Chissà che Campo Maggiore non risulti proprio non corrisponda proprio alla descrizione per la dimora ideale per le api. Sebbene fantasioso e poco scientifico in alcuni punti, questa parte del libro è di piacevole lettura e riporta diversi dettagli sulla vita delle api che i non addetti ai lavori (in questo caso, all’apistica) non conoscono.

E voi, riuscite a vederci in questo passo, il Campo Maggiore?

Innanzi tutto bisogna scegliere per le api un luogo riparato dai venti, poiché il vento impedisce alle api di giungere nelle cellette per depositarvi il miele; lontano dalle pecore e dalle capre i cui petulanti figli non sciupino i fiori, né dove la giumenta errando pe’ campi possa calpestare l’erba nascente e scuotere la rugiada. Fa pure che le dipinte lucertole stiano lontane dall’alveare, e le meropi [apiastre, piccolo uccello persecutore delle api] e altri uccelli e le stesse rondini dal dipinto petto, che con gran danno volano intorno e le prendono al volo e portandole strette nel piccolo rostro vanno a darle in dolce pasto ai voraci nidi. Siano invece lì intorno laghetti, o pozze ricoperte di muschio e limpide fonti; e tra le erbe del prato un piccolo ruscello scorra con l’onda fugace e faccia ombra qualche palma al vestibolo o un grande oleastro; perché quando a primavera i primi sciami porteranno fuori le nuove Regine e fuori dai favi la novella prole scherzerà volando nella nuova stagione, la vicina riva del ruscello le inviti a salvarsi dal caldo e la vicina pianta le trattenga nel frondoso albergo.

O il ruscello corra mormorando, o ristagni pigro in un laghetto, gettavi dentro attraverso dei salici e grosse pietre, perché le api trovino spesso ponti su cui posarsi e le bagnate ali possano distendere al sole estivo, se mai per caso indugiandosi fuori dell’alveare, fossero sorprese dal violento Euro che le trascinasse via disperse, o le immergesse nel ruscello. Intorno al campo fai crescere il verde rosmarino e l’umile serpillo, che manda anche lontano così vivo odore, e in grande abbondanza l’acutissima timbra e le viole, piantate lungo le rive del ruscello.

(Virgilio, La Georgica, Libro IV, II, Dimora delle Api)

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“La cronaca non dice, quando e dove morisse Virgilio; molti allora credettero alla sua immortalità; qualcuno alla sua morte, su quel colle presso Avellino che chiamasi Montevergine, dove s’era ridotto a studiare ed era divenuto vecchissimo.”

Leggende Napoletane, Matilde Serao

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Pecorini di Mercogliano, fatti col latte del pascolo a Campo Maggiore___

Libri consigliati:
Flora officinale spontanea dell’Appennino – Pino Eremita.
Leggende Napoletane – Matilde Serao (capitolo su Virgilio Mago)

Bucoliche e Georgiche, Virgilio

Valentina Guerriero

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