L’immagine della quotidianità nella poesia di Gian Mario Villalta

L’immagine della quotidianità nella poesia di Gian Mario Villalta

L’immagine della quotidianità nella poesia di Gian Mario VillaltaFedele a un’idea di poesia che si avvicini più possibile ai lettori e meno agli addetti ai lavori e ai loro giochi di scambio che sovente ignorano e mortificano la buona poesia, Gian Mario Villalta con Telepatia, la sua recente raccolta di poesia edita da LietoColle – che inaugura la collana Gialla Oro, la nuova serie realizzata da Lietocolle in sinergia con Pordenonelegge; un progetto nuovo che segue la scia della precedente serie Gialla, dedicata ai giovani poeti, mentre questa nuova collana prevede la pubblicazione di autori già affermati. – presenta ora una poesia che attraversa  con decisione la realtà.

D’altronde, lo stesso Villalta, parlando del suo libro, rivela chiaramente le sue intenzioni : “vorrei che la maggior parte di queste poesie permettessero a chi le legge di trovarci qualcosa di comprensibile e condivisibile dal punto di vista del linguaggio e dei contenuti.”

In Telepatia, dunque,  Villalta meglio esprime una poesia tonale, narrativa nel cui raggio di osservazione è riflessa l’immagine del mondo e della sua quotidianità …

Oggi, che mi guardi poco/ da stamattina e io sono troppo docile,/ anche adesso, quando a voce bassa/ tento il freddo, attento a non offendere/ il vetro che protegge le domande,/ siamo tornati al Trilande domenicale/ perché fa bene camminare all’aperto./ Poi l’ossigeno, le foglie, le altre volte/ che siamo stati qui. Un po’ di sole,/ che scioglie il gelo in superficie e nelle frasi/ inevitabile un più acuto allarme: più scivoloso/ si fa strato di ghiaccio sotto il sorriso./ Ma via, dove vuoi correre? Torniamo/ a mettere un piede davanti all’altro/ indecisi, dove abbandona il sentiero/ le bandierine e l’incertezza, di nuovo, abbonda./ Poi farà buio. Resterà,/ di questo giorno opaco come oro,/ il silenzio inoltrato/ in un ottobre storto, che sfinisce/ ogni cedere – mi ritorce più crudo/ il mio cinismo, e non mi crede.”

In fondo è questa la poesia che ogni lettore vorrebbe leggere, più vicina alla vita di tutti, così immersa nello spazio di un tempo che copre altro tempo. La vita che abitiamo e che ci abita, che non fa sconti, non permette slanci duraturi e appaganti.