MINIMI e QUALITA’ DELL’ABITARE. L’utilizzo di requisiti igienico sanitari minimi nella progettazione influenza la qualità dell’abitare.

MINIMI e QUALITA’ DELL’ABITARE. L’utilizzo di requisiti igienico sanitari minimi nella progettazione influenza la qualità dell’abitare.

di Maurizio Barbato                                                                                                             

Le innovazioni tecnologiche, i nuovi materiali, i dispositivi per la sicurezza e per il risparmio energetico, le nuove frontiere della domotica, offrono numerose opportunità per imprenditori del settore delle nuove costruzioni che intendano soddisfare un mercato sempre più esigente e, soprattutto, desideroso di avere una soluzione di qualità e chiavi in mano.

L’acquisto di un immobile rappresenta una scelta importante per una persona, almeno per due ordini di ragioni: uno, perché in esso si svolgeranno molte delle attività quotidiane e per gran parte della vita; l’altro, perché comprare casa richiede un investimento che può incidere in maniera rilevante sull’economia di una famiglia.

Tuttavia nell’attività professionale dell’architetto, sempre più frequenti, sopraggiungono richieste di consulenza per accertare eventuali difetti di realizzazione, anche per le nuove costruzioni.  La percezione di vivere ambienti troppo stretti, bassi e sovraffollati in cui, talvolta, si verificano fenomeni di condensa e di umidità, spinge il neo acquirente a porsi delle domande e cerca nel professionista le dovute risposte.

Queste circostanze aprono una riflessione sulla progettazione dei nuovi edifici residenziali, con particolare riferimento al ricorso, oramai sistematico, all’applicazione dei parametri minimi fissati dal cosiddetto “decreto sanità” del 5 luglio del 1975.

Il decreto regola i requisiti igienico sanitari fissando dei parametri minimi al di sotto dei quali non è possibile attestarsi ma è consentito incrementarne i valori. Uno dei più noti riguarda le altezze dei locali destinati ad abitazione fissata in 2,70 m (nel 1896 era 3,00 m). Nel 1975 lo strumento legislativo sostituì le precedenti istruzioni ministeriali 20 giugno 1896, riducendone i parametri, per uniformare i vari regolamenti edilizi e i requisiti igienico sanitari dopo la devastazione edilizia postbellica.

La scelta di progettare adottando i parametri minimi del decreto se, da un lato, consente di sfruttare cubature e superfici in modo da garantire il massimo utile per le imprese, dall’altro, non garantisce standards elevati in termini di qualità dell’abitare.

Così ambienti stretti, bassi e talvolta rumorosi, sebbene dotati di tecnologie all’avanguardia e super arredi, caratterizzano le nuove abitazioni e, nel tempo, deludono le aspettative iniziali dell’acquirente.

Tuttavia piccoli ed efficaci dispositivi nei regolamenti edilizi locali potrebbero determinare una inversione di tendenza nella progettazione e favorire la realizzazione di manufatti con standards più elevati (volumetrie virtuali o premialità al fine di favorire l’incremento dei parametri).

E’ tradizione che il confronto tra tecnici e uffici competenti sia concentrato prevalentemente sul controllo degli indici relativi ad altezze, distanze e parametri fondiari, attività senz’altro necessaria ma lontana dall’apertura di un dibattito sugli elementi estetici e qualitativi costitutivi del manufatto, veri indici di qualità e di benessere.