Nelle scuola italiane non si insegnerà più storia dell’arte.

Nelle scuola italiane non si insegnerà più storia dellarte.

È ormai definitiva la decisione del Ministero dell’Istruzione di tagliare ed eliminare le ore dedicate alle materie artistiche negli istituti italiani. Mai più, nelle nostro Paese, si insegnerà “la grande Bellezza”. Il rifiuto della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione manda infatti in frantumi i sogni e le speranze di Maria Chiara Carrozza, attuale ministro dell’Istruzione, che aveva sottoposto alla Commissione il caso. Le 15 mila firme raccolte, tra cui quelle di molti insigni esponenti della cultura italiana, e il supporto di Massimo Bray, ministro dei Beni e delle Attività Culturali, evidentemente, non sono bastati e la Commissione ha bocciato la proposta. Un massacro intellettuale, è il caso di dire, che ha avuto inizio nel 2008, quando la riforma del sistema scolastico, operata dall’allora ministro Mariastella Gelmini, diede inizio alla graduale eliminazione e riduzione delle materie artistiche nelle scuole italiane, poi completata nel 2010. La Gelmini, di fatto, ha cancellato gli istituti d’arte, eliminato le discipline artistiche dai bienni dei Licei classici e linguistici, ridotto le materie nei Licei artistici e cancellato la Storia dell’arte dagli istituti professionali, dove, come scrive Tomaso Montanari, “sarà possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo”. Un gesto che fa impallidire soprattutto perché lo studio dell’arte, introdotto in Italia dalla riforma Gentile nel 1923, è sempre stato ammirato dalle altre nazioni europee che, al modello italiano, si sono ispirate solo in epoca recente. In Francia, nel 2008, ad esempio, Sarkozy ha reso obbligatorio l’insegnamento dell’arte nelle scuole elementari, un progetto da lungo tempo accarezzato anche qui da noi, ma mai concretizzato, a dimostrazione dell’enorme divario che esiste in Italia tra le istituzioni e i cittadini. È evidente, alla luce della decisione della Commissione, che il nostro Paese ha ancora una volta toccato il fondo. La giustifica dell’insostenibilità della spesa pubblica per tali materie è inaccettabile. In una nazione che sta puntando sull’arte e la cultura per trainare lo sviluppo e l’economia, l’eliminazione delle materie artistiche è davvero un’assurdità. È come se un Paese che voglia fare del petrolio la sua risorsa primaria, educhi i ragazzi al rispetto dell’ambiente e all’uso di combustibili alternativi. Un controsenso o, piuttosto, un suicidio. Stiamo infatti custodendo e valorizzando, con un enorme dispendio di risorse, il capitale storico-artistico più prezioso del mondo e al contempo formando i cittadini che lo dilapideranno. Cos’altro aspettarci dall’inevitabile diseducazione delle future generazioni? Stiamo per consegnare nelle mani di un popolo devastato dalla riforma Gelmini, incapace di distinguere una chiesa gotica da una barocca, un inestimabile patrimonio culturale. Un patrimonio che noi oggi, paradossalmente, con ingenti investimenti, cerchiamo di preservare proprio per quelle stesse generazioni che potrebbero, un domani, arrivare verosimilmente a distruggerlo. Cosa ne sarà delle bellezze e delle ricchezze dell’Italia? Difficile dirlo. Ciò che oggi rimane è solo il ricordo che tutti noi abbiamo dei tanti professori che, in un modo o nell’altro, cercarono di insegnarci la Bellezza attraverso le opere d’arte. Mai più, tra i banchi di scuola, risuoneranno i nomi di Giotto, Leonardo, Michelangelo, Caravaggio, Van Gogh e Picasso. Se sapete chi sono ritenetevi fortunati, i vostri nipoti non potranno dire altrettanto.