NOLA. Al Museo storico-archeologico incontro ravvicinato con Salvatore Quasimodo nel recital del figlio Alessandro. Foto e Video

NOLA. Al Museo storico archeologico incontro ravvicinato con Salvatore Quasimodo nel recital del figlio Alessandro. Foto e Video

di Gianni Amodeo

NOLA. Al Museo storico archeologico incontro ravvicinato con Salvatore Quasimodo nel recital del figlio Alessandro. Foto e VideoAmbientazione densa di suggestioni d’antico che rincorre la spirale del fugace presente, quella del Museo storico-archeologico dell’area nolana, per rendere Omaggio a Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura, nell’ambito delle iniziative del terzo ciclo dedicato alla correlazione tra “Lettura e Solidarietà” e curato con calda passione e tenace impegno da Carlangelo Mauro, poeta e saggista. Un’iniziativa – a cui ha arriso l’interessante bella risposta partecipativa di un uditorio attento ed interessato, soprattutto giovanile, ben superiore alle aspettative più lusinghiere- indetta ed organizzata dall’Ufficio diocesano per la Scuola, in collaborazione con le amministrazioni comunali di San Paolo Bel Sito e Nola, rappresentate nella convention letteraria dal sindaco Manolo Cafarelli e dall’assessora Monica Zimmaro, oltre che con la sezione cittadina della Federazione italiana donne arti professioni affari, rappresentata dalla presidente, la dott.ssa Maria Manganiello, mentre gli onori di ospitalità erano dati dal dottor Giacomo Franzese, direttore della struttura museale, che costituisce per la qualità degli eventi che ospita e promuove un autentico presidio di vita e animazione culturale per le comunità del territorio e per le Scuole.

NOLA. Al Museo storico archeologico incontro ravvicinato con Salvatore Quasimodo nel recital del figlio Alessandro. Foto e VideoFulcro dell’”Omaggio”, il recital con cui il figlio – Alessandro, attore e regista teatrale- ha letto e interpretato con fine dizione i testi poetici del padre, insignito del Nobel per la Letteratura nel 1959; un impegno artistico che Alessandro Quasimodo viene svolgendo da tempo nelle sedi delle istituzioni culturali di tutto il mondo, recitando le composizioni ‘paterne e di altri poeti e poetesse, quale messaggero della poesia e della letteratura italiana. Un itinerario di analisi e di diffusione della vasta opera creativa di Salvatore Quasimodo, magnifico traduttore sia di autori latini e segnatamente di Virgilio che dei lirici greci, tra le più vive espressioni della poesia contemporanea. E il poeta siciliano, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale e Mario Luzi compongono quel coro voci assonanti e varie di pregnanza ideale, che danno anima all’Ermetismo, il fenomeno letterario che non solo fa da specchio delle inquietudini e delle sofferenze dell’uomo del Novecento e dei suoi aneliti di pace e libertà, ma costituisce anche una delle maggiori e più originali espressioni della cultura europea e mondiale,

Di particolare rilievo per la rivisitazione del mondo poetico di Salvatore Quasimodo, erano i testi espressivi di vita familiare, che Alessandro leggeva con fine dizione e commentava con trasporto amorevole; testi attraversati da profonde tracce di affetti e intense emozioni, tra cui “Lettera alla madre” e “Epitaffio per Bice Donetti” la prima moglie, “L’alto veliero”, dedicato alla seconda moglie e madre di Alessandro, la danzatrice Maria Cumani, quando era incinta di lui ed aveva “il mare nell’anima”.

Brigitte e Varvara Alexandrovna.  La solidarietà è donna            

NOLA. Al Museo storico archeologico incontro ravvicinato con Salvatore Quasimodo nel recital del figlio Alessandro. Foto e VideoIl passaggio dall’intimità familiare all’approdo e al riconoscimento del valore della solidarietà, quale fonte di vita, era focalizzato da Alessandro Quasimodo nel richiamo all’opera “ Io sono con te. Storia di Brigitte”, edito da Einaudi, in cui Melania Gaia Mazzucco racconta la storia dell’infermiera congolese, Brigitte appunto, perseguitata politica e privata di tutto, perché colpevole di aver curato gli oppositori del regime dominante a Kinshasa e rifugiata in Italia. Un richiamo che faceva da ancoraggio alla lettura di “Varvara Alexandrovna“, la composizione dedicata da Salvatore Quasimodo all’infermiera russa, da cui fu assistito amorevolmente per sei mesi nell’ospedale di Mosca, dov’era stato ricoverato per un infarto, un’assistenza ammirevole, tanto che Varvara riaccompagnò il poeta alla frontiera per essere sicura di affidarlo “in mani altrettanto amorevoli“. Ed ecco i verso della gratitudine, all’insegna della solidarietà: “Scotta la tua mano notturna, Varvara / Alexandrovna, sono le dite di mia madre / che stringono per lasciare lunga pace sotto la violenza. / Sei la Russia umana / del tempo di Tolstoj…”.

Quasimodo e laPoesia civile”, nelle voci di Nika Nappi, Giovanni Vetrano e Federica Parisi giovani liceali        

   Uno spazio particolare era riservato da Alessandro Quasimodo ai testi, in cui il padre sviluppa temi di Poesia civile, tra cui Auschwitz – di cui si pubblica di seguito l’interessante saggio di commento sviluppato da Federica Parisi, che frequenta il Liceo scientifico statale “Enrico Medi” di Cicciano – e “Il mio Paese è l’Italia

Di commovente espressività, l’originale interpretazione e “lettura” in forma teatrale che Nika Nappi e Giovanni Vetrano, giovani dello stesso Liceo,   proponevano della celebre “ Laude 29 aprile 1945” espressione della pietas che il poeta vive e rappresenta, a fronte dello scenario di morte di piazzale Loreto, a Milano, con i diciotto gerarchi fascisti e Benito Mussolini, impiccati a testa in giù; scenario e, al contempo, ludibrio che segnarono il tremendo epilogo dell’atroce e dura guerra civile che, all’interno dell’orrendo e devastante secondo conflitto mondiale, si era combattuta dal ’43 al ‘45 nelle regioni del Nord, tra i fascisti, alleati dei nazisti, e i partigiani della Resistenza per la Liberazione.

Nella Laude, “dialogano” il “Figlio” ucciso, impersonato da Giovanni Vetrano, atteggiato nella figura di Cristo con le “mani bucate” che rivendica la pietas al cospetto della Madre, incarnata da Nika Nappi, che, invece, grida vendetta e sputa sul cadavere di Mussolini. E’ il FiglioCristo che invita la folla ad allontanarsi dalla piazza. “Da secoli la pietà è l’urlo dell’assassinato”.

   E’ la pietas – evidenziava Alessandro Quasimodo– ad indicare l’itinerario del padre verso la fede cristiana; un itinerario scandito dai testi di poesia religiosa, tra cui spiccano la “Confessione”, in prima versione, successivamente intitolata “Si china il giorno” e “Thanatos Athanatos”, a cui fa da suggello la struggente e forte invocazione …”Dio del silenzio, apri la solitudine“. E’ l’invocazione che parla da sola e va oltre la rigorosa razionalità delle certezze inconcusse, per attingere il sublime del sentire. E’ la trascendenza dello spirito.

   Testimonial dell’evento, preziosa iniziativa culturale, in grado di coniugare Poesia e Storia, la splendida Mostra pittorica “ Quasi sognando Quasimodo …” Una sequenza di tele, in cui Lorenzo Maria Bottari racconta la solarità del Mediterraneo e la scintillante policromia della Sicilia, E’ visitabile nelle Sale del Museo di via Senatore Cocozza.

 

“No alla morte, morta ad Auschwitz”. Saggio di Federica Parisi

La poesia di Salvatore Quasimodo, intitolata Auschwitz, tratta dalla raccolta “Il falso e vero verde” (1956), ci introduce in una delle pagine più esecrabili della storia della società occidentale. L’esordio della poesia presenta un’immagine spettrale in cui gli elementi osservati (il campo, i pali e i grovigli di filo spinato) concorrono ad evocare scenari freddi e desolati, dove il dolore si dimostra totalizzante a tal punto da oscurare ogni altra emozione nel lettore.

Auschwitz sarà ricordata come la porta dell’Inferno nel mondo moderno. Dante, nella “Divina Commedia”, incide sulla porta d’ingresso dell’”Inferno”, in cupi caratteri neri, la scritta “lasciate ogni speranza voi che entrate” – anche ad Auschwitz, potremmo dire, accade lo stesso – ma la scritta sovrastante il cancello d’accesso al famigerato Campo, tristemente nota, recitava: ” Il lavoro vi renderà liberi ,”ricordata anche da Quasimodo, ha un tono irridente ed evidentemente sadico nei confronti degli ebrei prigionieri e ridotti, ancora una volta nella storia, in schiavitù:

Da quell’inferno aperto da una scritta

bianca: “Il lavoro vi renderà liberi

uscì continuo il fumo

di migliaia di donne spinte fuori

all’alba dai canili contro il muro

del tiro a segno o soffocate urlando

misericordia all’acqua con la bocca

di scheletro sotto le docce a gas.

Il lavoro vi renderà liberi“: antitesi tragica in un luogo dove la libertà non può esistere. Ma se immaginiamo le agonie infinite che si sono consumate in quell’inferno, testimoniate anche dei versi di Quasimodo, non faremo fatica a comprendere che l’unico spiraglio di libertà poteva essere solo la morte.

Come non restare commossi di fronte ai versi di questa poesia che evocano “le lunghe trecce chiuse in urne di vetro“, “le piccole scarpe“, i segni di migliaia di vite sacrificate in nome della pericolosa banalità racchiusa nella ideologia della razza pura; la “banalità del male” come ha scritto la filosofa Hannah Arendt.

La poesia di Quasimodo evoca Auschwitz come luogo della memoria, ma vuole ricordare all’umanità che il male è tanto infinito quanto l’amore. Ed è lo squarcio in cui il poeta si rivolge ad una persona cara, alla donna amata,

Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,

amore, lungo la pianura nordica

in un campo di morte

La parola “amore“ echeggia tre volte nella poesia, come per esprimere il netto “NO ALLA MORTE, MORTA AD AUSCHWITZ”.

 

 

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