Nola. Palazzo di città. Si allungano gravi ombre sulla situazione economica. Dal pre-dissesto al dissesto con passività di oltre 40 milioni

Nola. Palazzo di città. Si allungano gravi ombre sulla situazione economica. Dal pre dissesto al dissesto con passività di oltre 40 milioni

di Gianni Amodeo

Nola. Palazzo di città. Si allungano gravi ombre sulla situazione economica. Dal pre dissesto al dissesto con passività di oltre 40 milioniLa soglia delle criticità economiche dell’Ente di piazza Duomo risulta più elevata e consistente di quel ch’era stato reso possibile immaginare e conoscere sulla base dei riscontri scaturiti dalle ricognizioni condotte dalla commissione straordinaria alla guida dell’amministrazione comunale disciolta a maggio del 2018 e coordinata dal prefetto Anna Manganelli; ricognizioni, per le quali veniva profilata, a marzo scorso, la praticabilità della proposta – indirizzata per l’accoglimento al Ministero dell’Economia e Finanza e alla Corte dei Conti- del Piano di predissesto, inteso come Piano di riequilibrio, e “licenziato” dalla commissione, con l’obiettivo mirato sul risanamento del “rosso” in bilancio – tra disavanzo e indebitamento accertato e riconosciuto- stimato per oltre 35 milioni di euro, prefigurandone l’attuazione su un percorso di durata spalmato su venti anni, facendone pagare il pedaggio alle attuali giovani generazioni. Una durata, in realtà, apparsa subito discutibile, sicuramente eccessiva e di difficile ricezione per le competenze del Ministero d’Economia e Finanza e della Corte dei Conti. E in ogni caso, il pre-dissesto, da attuare …. quale fallimento soft era stato accolto senza scossoni particolari in città e nei cosiddetti ambienti politici che “contano”. Un rinvio di lungo corso, confidando, magari, nello “stellone” di “sanatorie”, ancorché impossibili e improbabili a concretizzarsi.

Di fatto, alla luce di nuove e più analitiche ricognizioni su atti sopravvenuti, non sussistono più le condizioni, per puntare sulla realizzazione degli obiettivi del piano di pre – dissesto, che, per se stesso non costituisce affatto una passeggiata distensiva e allegra, ma esige l’osservanza di vincoli e obblighi stringenti che lasciano ben pochi margini alla discrezionalità delle scelte politiche e amministrative, avendo come esclusiva finalità primaria il risanamento economico integrale dell’Ente. Una macchina con pilota automatico in funzione ed etero diretto su itinerario predefinito da seguire come i binari ferroviari. In realtà, la massa delle passività sarebbe cresciuta fino a raggiungere e superare addirittura la striscia dei quaranta milioni di euro. Un’enormità che impone l’approdo alla dichiarazione di dissesto dell’Ente di piazza Duomo, senza alcun indugio, facendo di necessità virtù. Una decisione di forte valenza politica e amministrativa, su cui punta, per lo stato di cose prodottosi, la GiuntaMinieri, che darebbe la soluzione radicale alla pesante problematica in atto, fissando la classica la linea di demarcazione, per distinguere nettamente la mala gestio del “lungo ieri”, intessuto di decenni, a palazzo di città rispetto al nuovo corso– auspicabile e auspicato- per il positivo cambiamento delle cose nella   trasparenza.

E’ la divide line diventata irrinunciabile e dovuta, anche se dell’accoglimento o meno della proposta del Piano di riequilibrio prospettato agli organi competenti lo scorso marzo, nulla di ufficiale è stato reso possibile di conoscere in termini di atti formali; il che lascia presumere, che risulta impraticabile e vanificato dalle sopraggiunte ricognizioni che attestano l’aggravarsi delle criticità economiche dell’Ente di piazza Duomo, con pesanti carenze di liquidità di cassa, con spese vincolate e dovute, a cui non corrisponderebbero congrue riscossioni per tributi e servizi.

E con la dichiarazione di dissesto, si configureranno con certezza effetti tutt’altro che leggeri, da un lato, per i creditori dell’Ente, che vedranno congelati a lungo i pagamenti per i crediti che vantano, e, dall’altro lato, per il personale burocratico e dirigenziale, con ridimensionamento d’organico, senza dire della riduzione dei servizi e l’incremento ulteriore della fiscalità comunale, che già grava ai livelli massimi sui contribuenti della normalità civica e responsabile. E poi scatteranno inevitabili a stretto giro di tempo, nei confronti di coloro che saranno riconosciuti responsabili del dissesto- amministratori e dirigenti che siano- sanzioni di ordine pecuniario, con il sequestro cautelativo dei beni patrimoniali a pareggiare in equivalente la portata dei danni prodotti alle “casse economiche” comunali, oltre che il divieto ad assumere cariche pubbliche, essendo escluso drasticamente l’esercizio dei diritti di elettorato passivo per dieci anni; sanzioni, decretate e fatte eseguire dalla Corte dei Conti.

La linea di demarcazione tra ieri e oggidomani. Il Consiglio comunale e larduo dilemma

Lo start, tuttavia, della linea di demarcazione da tracciare, innestandovi la dichiarazione del dissesto, chè il fallimento tout court, risiede nel deliberato di approvazione che spetta al Consiglio comunale, insediatosi qualche mese fa; un’assemblea che nella misura di circa il 50 % dei componenti, tra maggioranza e minoranza, appartiene ai pregressi cicli amministrativi, con potenziali responsabilità nel dissesto, avendo occupato, a seconda delle convenienze di circostanza, sempre i banchi di maggioranza, pur provenendo per elezione dai banchi di minoranza, abbandonati al … loro destino di marginalità con il classico salto di quaglia. E’ decisamente una cospicua e corposa parte dell’assemblea che dovrebbe votare per l’ autocapestro. Davvero arduo immaginare una scelta di così esplicita autocondanna, dichiarando le proprie inadeguatezze di pubblico ruolo, confermando il pubblico tradimento verso il mandato fiduciario conferito dai cittadini.

E’ davvero una situazione complicata e confusa di scorie e detriti vari. Un contesto – s’è lecito concedersi comparazioni simili- che non riuscirebbe neppure a smuovere la capillare operosità dell’ultra … “rivoluzionaria scopa di don Abbondio” di proficua e inesauribile memoria manzoniana, a cui allude con profondo acume storico e i consueti graffi d’ironia Luciano Canfora, filologo classico di grande caratura, nell’omonimo saggio pubblicato a settembre scorso, ispirato da ben altre e più rilevanti tematiche. E’ l’operosità della “scopa della storia”, per rappresentare l’irreversibile vigore innovativo e rivoluzionario delle migrazioni del Terzo Millennio, un po’ come la pestespazzatrice del romanzo di don Lisander che liberò con certezza il curato dai suoi … nemici.

            In realtà, la vicenda con cui deve misurarsi la GiuntaMinieri non arriva dagli spazi siderali. Scaturisce,invece e tanto per dire, dall’evasione ad oltre il 50 % dei tributi locali e alla mancata riscossione dei canoni di fitto e indennità del cospicuo patrimonio immobiliare- tra case, palazzi e terreni agricoli di prima classe-che appartiene all’Ente di piazza Duomo; senza dire dell’ingente massa di contenziosi, che valgono alcune decine di milioni e per i quali è da mettere in preventivo, secondo l’inevitabile consuetudine e la scontata assuefazione, neppure a dirlo la sicura “perdita giudiziale” a carico dell’amministrazione comunale. E, come se non bastasse, il banco-mat che manda in riscossione debiti fuori bilancio, non conosce interruzioni. Uno scenario squallido, che svilisce una città ricca di suo per risorse e patrimonio materiale da curare e amministrare soltanto con normalità, insignita del marchio-Unesco per il suo patrimonio immateriale nel panorama del folclore mediterraneo

Va da sé, intanto, che politica, partiti, movimenti, gruppi che, pur sono soliti non risparmiarsi nel formulare rivendicazioni di ogni genere, chiedendo e ottenendo consensi elettorali, si tengono ben alla larga dalla problematica-dissesto che impegna il “Primo cittadino” e la Giunta con ragionevole e comprensibile assillo. Allo stato, le loro … loquacità e perspicaci attitudini a discettare di “ tutto e di più” sono “raccolti” in religioso silenzioso e sono in latitanza dai social net work che, in genere, prediligono spesso occupare