Oms, nel mondo epidemia tumori. Nel 2030 i casi saranno 22 milioni

Oms, nel mondo epidemia tumori. Nel 2030 i casi saranno 22 milioni

Come un lenzuolo che progressivamente si stende sul mondo, i tumori interessano sempre più paesi, con incidenze in grande crescita man mano che aumenta il benessere e vengono adottati gli stili di vita occidentali. La fotografia, alla vigilia del World Cancer Day, è nel rapporto annuale dell’Iarc, l’agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che si occupa della malattia, che prevede che in meno di vent’anni i casi passeranno dai 14 milioni del 2012 ai 22 milioni nel 2030.

364mila nuovi casi in Italia. Per quanto riguarda l’Italia, secondo il rapporto messo a punto da Aiom e Airtum, nel 2012 si sono registrati 364mila nuovi casi. Se la mortalità appare in diminuzione, con il nostro paese che ha anche il record europeo di sopravvivenza a 5 anni, anche da noi c’è la tendenza all’aumento dei casi. “Non sono state ancora fatte stime così a lungo termine, ma la tendenza è a un aumento dell’incidenza provocato soprattutto dall’invecchiamento della popolazione oltre che da un peggioramento degli stili di vita – spiega Roberta De Angelis, ricercatore dell’Istituto superiore di sanità -. Alcuni tumori calano, come quello ai polmoni negli uomini, ma altri sono in aumento, soprattutto quelli legati all’alimentazione come il cancro del colon-retto, oltre al melanoma della pelle e tumore alla prostata”.
Il tumore del colon-retto è il più frequente in Italia, con oltre 50.000 nuove diagnosi, seguito da quello della mammella (46.000), del polmone (38.000, un quarto nelle donne) e della prostata (36.000). Il cancro del polmone si conferma al primo posto complessivamente per mortalità (34.500 i decessi stimati) ed è il ‘big killer’ fra gli uomini (27%), mentre quello del seno lo è tra le donne (16%). Anche da noi, sottolinea De Angelis, c’è qualche problema dal punto di vista della prevenzione. “Questo si vede soprattutto al Sud – spiega – dove gli screening oncologici hanno una copertura più bassa. Sempre in quest’area d’Italia c’è una maggiore prevalenza di obesità e sedentarietà, e paradossalmente un minor consumo di frutta e verdura nonostante lì si concentri la produzione”.