SAVIANO (NA). “Disintegriamo L’esclusione”. Parola a Luciano Fuschillo, presidente dell’associazione “Unitas” di Saviano

SAVIANO (NA). Disintegriamo L’esclusione. Parola a Luciano Fuschillo, presidente dell’associazione “Unitas” di Saviano

SAVIANO (NA). Disintegriamo L’esclusione. Parola a Luciano Fuschillo, presidente dell’associazione “Unitas” di SavianoAccesi i riflettori su chi lavora nell’ombra per favorire l’integrazione, diamo la parola a Luciano Fuschillo, presidente dell’associazione “Unitas” di Saviano. D. “Quali sono le attività di cui si occupa l’associazione”. R. “L’associazione Unitas nasce a novembre 2014 e si occupa di tre tematiche principali: favorire l’integrazione degli immigrati, offrire un sostegno ai senza fissa dimora e raccogliere fondi per sostenere la ricerca sulle malattie rare”. D. “Cosa spinge ragazzi della nostra comunità ad occuparsi di integrazione ?”. R. “Gli immigrati presenti nel nostro territorio non di rado lo danneggiano, non essendo abituati al rispetto delle regole, in quanto non sono stati educati ad esse. Poiché però vivono in Italia devono rispettare le nostre leggi, senza essere aggrediti ma neanche assecondati. Lavorando come volontario presso la Comunità Missionaria di Villaregia ho cominciato a conoscere i migranti, parlando con loro, per capire le difficoltà di chi scappa da una guerra, attraversando il Mediterraneo su un barcone. Avendo la fortuna di avere come socio Ambrosino Vincenzo, un preparatore atletico, abbiamo iniziato a progettare eventi che conciliassero sport ed integrazione. Oggi supportiamo il CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) della Cooperativa “L’impronta” di Saviano gestito da Antonio Manzo, creando e sviluppando progetti insieme con il CAS dove vivono circa 40 persone, tra donne e bambini, quasi tutte nigeriane con qualche ghanese. Nella settimana contro il razzismo abbiamo recentemente organizzato un cineforum, svoltosi presso la struttura sede dell’associazione “Paideia” sita in Via Molino, proiettando “Il bambino con il pigiama a righe” ed alcune donne era così sconvolte che non sono riuscite a vederlo, perché il razzismo è tale in ogni sua forma, a prescindere dal colore della pelle. Queste persone non hanno mai sentito parlare di guerre mondiali non avendo mai aperto un libro di storia e vanno educate al nostro mondo. Abbiamo organizzato, ad esempio, un evento in occasione del “fucarone” semplicemente per tramettere loro qualche elemento della nostra cultura popolare e delle nostre tradizioni. E’ così che può nascere una vera e propria integrazione, facendo fare loro quello che noi siamo abituati a fare”. D. “Come funzionano i Centri di Accoglienza Straordinaria?”. R. “Il CAS accompagna gli immigrati nel percorso d’integrazione per un paio d’anni. All’arrivo di queste persone in Italia regna l’indisciplina e vanno date loro regole da rispettare. Nel CAS di Saviano, con cui collaboriamo attivamente, ho trovato una forte volontà di creare un’empatia con i migranti, che vengono accolti come fossero amici, soci di un’associazione, da impegnare e coinvolgere nelle attività che vengono organizzate, per parlarci, capire le loro problematiche ed affrontarle insieme. I bambini frequentano regolarmente le scuole pubbliche, con i dovuti contratti, vaccini, etc. Le donne lavorano se riescono a trovare un impiego. La legge non obbliga i CAS a svolgere attività extra, oltre al vitto, all’alloggio, ai corsi d’italiano, per cui noi, come associazione Unitas, subentriamo in questa parte del processo di integrazione. A primo avviso parrebbe che gli italiani paghino le spese per far mangiare e dormire extracomunitari a casa propria, mentre ci sono connazionali che non lavorano, sono in crisi economica e senza fissa dimora. Il pocket money che va direttamente in mano ai beneficiari, che possono spenderlo come desiderano, è un contributo che va dagli 1,5 ai 3 euro al giorno, che incide per meno del 10% sul costo dei progetti. E’ vero, dunque, che il costo stimato per straniero che sbarca è di circa 35 euro al giorno ma questi soldi non finiscono in tasca agli ospiti dei centri ma tornano in circolo nell’economia italiana, e servono a coprire le spese per il vitto, l’alloggio, la pulizia dello stabile e la manutenzione. E’ utile ricordare, poi, che sono soldi coperti dai fondi che ci vengono erogati dalla Unione Europea (ai quali noi contribuiamo solo in parte). Certo potremmo pensare che se i migranti non arrivassero in Italia, i centri di accoglienza non dovrebbero sostenere queste spese e avremmo un problema in meno. Ma l’immigrazione può essere vista anche da un altro punto di vista, come un’opportunità. Nel CAS di Saviano, che ospita 40 immigrati, lavorano, regolarmente pagati, docenti d’italiano, mediatori culturali africani, uno psicologo, operatori diurni e notturni, un direttore di struttura, una cuoca ed il medico. Stiamo parlando di svariati posti di lavoro per italiani. Oltre a ciò va aggiunto che il CAS acquista alimenti negli esercizi commerciali di Saviano, creando un ulteriore incentivo all’economia di zona. Se il centro è ben gestito, i fondi che arrivano per l’accoglienza degli immigrati creano occupazione. I politici utilizzano spesso slogan elettorali del tipo “aiutiamoli a casa loro”, per racimolare voti ed aumentare il proprio consenso, ma pare non vedano che il “problema” ormai è già in casa nostra: gli “altri” esistono e non si può far finta di non vederli. Aiutarli a casa loro vuol dire, praticamente, sfruttare le risorse minerarie degli stati poveri con sovvenzioni assistenziali di cui arrivano solo le briciole ai più bisognosi. Spenderemmo gli stessi soldi senza far lavorare gli italiani, come accade adesso”. D. “Quali attività svolge l’associazione per supportare i gruppi socialmente esclusi ed in quale ambito territoriale ?”. R. “Il territorio su cui operiamo è tutto il comprensorio nolano, relativamente ai senza fissa dimora, con particolare interesse proprio su Nola, supportando la comunità di Sant’Egidio e l’Associazione “Preghiera poveri pace”. L’aiuto ed il sostegno ai più bisognosi si concretizza, da due anni a questa parte, offrendo ogni venerdì prodotti dolciari da distribuire ai bisognosi durante i pasti offerti. Oltre alle preparazioni offerte dai volontari, spesso ci hanno supportato alcune attività commerciali, come la Pasticceria “La Marca” e i bar “La Rosa Blu” e “Vittoria Cafè” di Saviano. Per il terzo anno consecutivo, inoltre, abbiamo partecipato al pranzo di Natale per i meno fortunati, organizzato nella giornata della Befana dalla Comunità Sant’Egidio di Nola, al quale prendono parte oltre 120 persone tra poveri, senzatetto e migranti. Una straordinaria occasione per regalare un sorriso e mostrare solidarietà a persone che vivono non solo una condizione di disagio economico e sociale, ma anche un profondo stato di abbandono e solitudine. In questa occasione alcuni soci danno la disponibilità personale a svolgere il servizio di cameriere. Da quest’anno, poi, nel giorno di Pasquetta abbiamo organizzato un pranzo solidale sia per i senza fissa dimora che per gli immigrati, nella Chiesa Immacolata di Piazzolla”. D. “Cosa vi ha spinto ad interessarvi di raccolta fondi per la ricerca sulle malattie?”. R. “Con la scoperta che la ragazza di un nostro socio era affetta dalla sindrome di Behçet, ci siamo ritrovati ad affrontare il tema delle malattie rare. Per due anni, nel 2015 e nel 2016, abbiamo organizzato l’evento “hope and smile” per raccolta fondi. I due convegni si sono tenuti al ristorante “La Pergola” di Saviano ed all’hotel “Pamaran” di Nola e ci hanno consentito di destinare circa tremila euro all’associazione “Simba”, unica in Italia a lavorare per la ricerca sulla malattia di Behçet. Quest’anno abbiamo sposato la campagna delle uova pasquali AIL, Associazione Italiana contro le leucemie-linfomi e mielomi onlus, per finanziare la ricerca contro i tumori del sangue. Perché ogni traguardo che la ricerca raggiunge è merito di un piccolo gesto, della solidarietà di chi partecipa alla raccolta e dei tanti volontari che regalano ai malati la sorpresa più bella, la speranza. Riflettendo, quindi, sulla grave problematica delle malattie tumorali che affligge la nostra terra, a questo punto abbiamo deciso di indirizzare le nostre future raccolte di fondi proprio ai centri impegnati nella ricerca, come gli ospedali Santobono e Pascale di Napoli, con cui siamo entrati in contatto proprio grazie all’AIL”. D. “In che modo si può entrare a far parte di Unitas, quali sono le prospettive per il futuro e com’è organizzata l’associazione ?”. R. “Si può entrare in contatto con il mondo “Unitas” sia attraverso i contatti facebook (Associazione Unitas Onlus) o mail (associazione.unitas@gmail.com) o per conoscenza diretta dei soci, come Fiorangelo Sommese, Vincenzo Ambrosino, etc. Attualmente l’associazione conta 28 soci, con presidente il sottoscritto Luciano Fuschillo. Le iniziative dal 2014 al 2017 si sono svolte nell’egida di uno statuto “no profit”, A settembre del 2017 siamo poi diventati una “onlus”, presenti nel registro del volontariato in regione, acquisendo un nostro codice fiscale, per cui si può anche scegliere di devolvere il 5‰ alla nostra associazione (C.F. 92046000631). Per iscriversi ad Unitas basta compilare il modulo di iscrizione che circola in rete. L’accoglienza in fondo si sviluppa intorno ad un’unica parola, la solidarietà, parola spesso abusata ma poco praticata. Si tratta nient’altro che coltivare un sentimento di fratellanza e di aiuto al prossimo, non solo materiale ma anche morale. Se sogniamo un mondo migliore, possiamo fare un mondo migliore”.

Pierluigi Perretta.