“Sei di colore”, e lo allontana sul bus: giovane africano scoppia a piangere, il racconto choc su Facebook

Sei di colore, e lo allontana sul bus: giovane africano scoppia a piangere, il racconto choc su Facebook

«Sei di colore, sei di un’altra religione»: un giovane senegalese sale sul bus per Roma, ma una donna non lo vuole seduto nel posto a fianco a lei. Ha dell’incredibile il presunto caso di razzismo avvenuto a Trento su un pullman Flixbus diretto alla Capitale, raccontato da una ragazza, Elena Liriti, sul suo profilo Facebook: un post condiviso da oltre 1200 utenti, con centinaia di like e commenti.
La donna – secondo il racconto della giovane – avrebbe preteso che il giovane passeggero africano, un 25enne di nome Mamadou, salito sul pullman e sedutosi accanto a lei, si spostasse in fondo al mezzo. Dopo le parole della donna, il giovane di colore sarebbe scoppiato a piangere. A questo punto, vista l’insistenza della donna – scrivono i giornali locali – il giovane l’avrebbe invitata a chiamare le forze dell’ordine, per far accertare il suo pieno diritto di essere su quel mezzo e di sedersi proprio in quel posto.

Dopo l’arrivo della polizia, il giovane africano e la donna hanno discusso a lungo con gli agenti, e alla fine la questione si è risolta con il passeggero di colore che ha scambiato il posto con un’altra passeggera, che si è seduta accanto alla donna. Sull’episodio ha preso posizione Flixbus Italia, con una nota: «Ci rincresce che un simile episodio si sia verificato a bordo di un nostro autobus. Come operatori della mobilità, da sempre ci impegniamo a garantire a chiunque la possibilità di viaggiare e ricongiungersi coi propri cari, e così continueremo a fare».

IL POST SU FACEBOOK «Flixbus con partenza alle 22.00 da Trento direzione Roma. La corriera arriva puntuale, salgo, mostro il biglietto all’autista e vado a sedermi al mio posto pronta per il lungo viaggio. Assieme a me salgono anche altre persone, tutte puntualmente seguono il mio stesso iter e si siede», racconta Elena nel suo post su Facebook. «Tra queste persone sale pure Mamadou, un ragazzo senegalese di 25 anni. Mamadou dopo aver mostrato il biglietto all’autista si dirige al suo posto, fa per sedersi quando… “qui no. Vai via, vai in fondo.”. Ad esclamarlo è quella che dovrebbe essere la sua vicina di posto: una signora italiana verso la quarantina con capelli rossicci».

«Questa donna si rifiuta di farlo sedere motivando più volta perché di colore e perché “di un’altra religione”. Io rimango incredula seduta incapace (e me ne scuso) di intervenire, la signora sbraita, il ragazzo piange – scrive Elena – Ma come si dice “al peggio non c’è mai fine” perché il peggio arriva: viene chiamata addirittura la polizia! Il ragazzo continua a piangere, è stanco. La polizia arriva e fortunatamente tutto si risolve spostando di posto il ragazzo, facendolo sedere vicino a me, e che vicino alla signora si sedesse Anna»

« Ora sono qui, a metà viaggio con il ragazzo vicino. Si chiama Mamadou, ha 25 anni, è nato in Senegal ma vive da 15 anni a Bolzano – racconta ancora la ragazza – Lavora da qualche anno con orari e ritmi molto pesanti: monta i forni per un’azienda locale. Mi ha detto con gli occhi lucidi che è stufo, che è stanco di questa cattiveria, che lui non voleva fare nulla semplicemente andare a Roma come tutti noi a trovare un suo amico. “credimi, non faccio nulla di male. Non sono cattivo. Voglio solo sedermi e riposare perché sono stanco”».

«Quando a scuola leggevo di Rosa Parks e degli autobus con posti riservati vedevo quella società lontana anni luce dalla nostra e mi dicevo “per fortuna ora non è così”. Quanto accaduto oggi su questo flixbus mi fa rattristisce, mi fa tornare indietro a quei tempi e mi fa capire che forse non siamo mai cambiati, che non c’è fine alla cattiveria umana. Un ragazzo normalissimo, con i propri sogni, con la voglia di imparare bene l’italiano e di mettersi in gioco, proprio come me. (Al giorno d’oggi è la cosa più facile da fare puntare il dito contro uno “diverso”, c’è chi fa propaganda solo sul razzismo.) – conclude Elena – Siamo davvero finiti in un modo così? Stiamo tornando indietro, forse è questo il cambiamento di cui tanto si parla in giro».