Stretta ai negozi arabi e cinesi: la Lega vuole solo nomi in italiano

Stretta ai negozi arabi e cinesi: la Lega vuole solo nomi in italiano

La proposta della deputata del Carroccio Silvana Comaroli è stata depositata lo scorso 26 giugno

Via alle insegne multietiche e sì al test in italiano per chiunque voglia aprire un esercizio commerciale nel nostro Paese.

Stretta ai negozi arabi e cinesi: la Lega vuole solo nomi in italiano

È questa la proposta della deputata del Carroccio Silvana Comaroli. Ora che Matteo Salviniha portato la Lega al governo, il partito riprova a depositare (dopo 8 anni dalla prima volta) un disegno di legge per le Regioni. Un disegno di legge che introduca un test per certificare la conocenza dell’italiano e tolga definitivamente le scritte multietniche.

La proposta della Lega

La proposta di Silvana Comaroli prevede che le denominazioni degli esercizi commerciali siano rigorosamente in una lingua dei Paesi europei. Vanno quindi bene l’inglese o il francese, ma anche il danese o l’ungherese. Vietati, invece, cinese o arabo. Per questo, anche lo “Shawarma kebap” sotto casa potrebbe diventare fuori legge perché il nome non è in una lingua europea. Nella proposta del Carroccio è anche prevista un’altra possibilità: quella di scegliere per i nomi dei negozi un termine in “dialetto locale”.

La proposta della deputata Comaroli è stata depositata il 26 giugno scorso ed è stata assegnata alla commissione Attività produttive. La leader leghista ha voluto specificare, però, che in questa proprosta non c’è assolutamente alcun intento “discriminatorio”. L’obiettivo, si legge nella relazione, è al contrario quello di “favorire un più rapido inserimento” nella società, permettendo “di operare sul mercato con maggiore professionalità” e garantire maggiormente i consumatori “che possono ricevere così tutte le necessarie informazioni sui beni e sui servizi acquistati”.

E dopo questa premessa, la deputata del Carroccio sottolinea che l’intenzione della Lega è quella di tutelare i cittadini e il gestore del negozio che “deve essere capace di leggere e di capire l’italiano per poter applicare, ad esempio, le norme igienico-sanitarie di base oppure per poter prestare una minima assistenza ai propri clienti”.