Studiare e insegnare l’italiano in Giappone: a colloquio con Francesco Diodato

Studiare e insegnare l’italiano in Giappone: a colloquio con Francesco Diodato

Francesco Diodato, airolano esperto in glottodidattica, è professore associato presso il Dipartimento di Lingua Italiana (Facoltà di Lingue Straniere) della Kyoto Sangyo University (Giappone).

Sono molti coloro che studiano l’italiano in Giappone?  Secondo gli ultimi dati a mia disposizione, ci sono corsi d’italiano in 111 università in un paese che di università ne conta quasi 800; la nostra lingua, dunque, si posiziona all’ottavo posto dopo l’inglese, il cinese, il francese, il coreano, il tedesco, lo spagnolo e il russo. In genere, si studia in università in cui ci si specializza in musica o in belle arti.

Le università in cui è possibile specializzarsi in lingua italiana sono 6 e la Kyoto Sangyo University è tra queste.

È inoltre possibile seguire corsi in 13 scuole secondarie di secondo grado, in 1 scuola secondaria di primo grado, presso numerose scuole di lingue e centri culturali, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo e quello di Osaka e presso Associazioni Italo-Giapponesi. Ci sono inoltre corsi televisivi e radiofonici.

Perché i giapponesi studiano l’italiano? Dipende dall’età, ma in generale perché sono attratti dalla cucina, dai vini, dalla moda, dal calcio, dall’arte, dalle bellezze naturali, ecc.

Chi insegna l’italiano in Giappone? Ci sono insegnanti giapponesi e italiani. I primi spesso sono specializzati in letteratura italiana e non nell’insegnamento delle lingue straniere.

I secondi, non di rado, insegnano l’italiano solo perché sono madrelingua e, anche loro, non perché qualificati per farlo. Tra questi, ci sono insegnanti che non sentono il bisogno di formarsi adducendo il motivo che svolgono questa professione da ormai molti anni: l’esperienza è certamente importante, ma è complementare alla formazione, non ne costituisce un’alternativa.

Da alcuni anni la situazione sta cambiando e sono in aumento gli insegnanti “formati”: in genere, però, sono titolari di certificazioni per il cui conseguimento è necessario uno studio perlopiù teorico: per imparare a insegnare serve ben altro. 

Dunque, che tipo di formazione consiglierebbe? Senza dubbio consiglierei di iscriversi al corso di formazione di base della Dilit International House, a Roma.

Qual è la qualità che più apprezza in un docente?  Il coraggio di andare contro corrente, pur rischiando di essere criticato dagli studenti e dai colleghi; il coraggio di sperimentare; il coraggio di rialzarsi dopo un fallimento; il coraggio di trattare gli studenti come persone che necessitano di essere formate e non come clienti da accontentare in ogni loro desiderio. Insomma, il coraggio di insegnare.