Sulle tracce di Leonardo Sciascia, 1921-2021. Così com’è, ecco il paese più governabile del mondo, l’Italia

Sulle tracce di Leonardo Sciascia, 1921 2021. Così com’è, ecco il paese più governabile del mondo, l’Italia

di  Gianni Amodeo

Politique d’abord, ovvero l’esercizio della politica prima di tutto, sfrondandola anche e soprattutto da tutte le posizioni che possano rivestirsi e ammantarsi di ideologia e visioni di vita, per godere di maggiore appeal e credibilità, ma senza particolari impegni e ragioni di coerente osservanza; politique d’abord, ovvero l’esercizio della politica, intesa quale “arte” dell’impossibile di ieri o di appena poco fa, reso possibile, praticabile e realizzabile nell’immediatezza per la governabilità tout court, quale gestione del potereperilpotere, rifuggendo da responsabilità dirette. Qui ed ora; hic et nunc. Il filo che dà corpo e forma alla politique d’abord è il negoziato, la giostra dei negoziati con “tavoli” che si aprono, chiudono e  riaprono con affannati attori e affannate attrici alla ricerca della quadratura appagante. Si mercanteggia e si traccheggia, si va per il bluff e l’azzardo, guardando il presente. E’ il bello del negoziato, arte parolaia e leggera, con tanti affaccendati cultori e interessate cultrici, spesso neanche portatori e portatrici di una qualche utilità sociale, espressa nello svolgimento di un normale lavoro, ma sicuri percettori e percettrici di generose prebende e indennità elargite a vario titolo da Enti, Consigli d’amministrazione di società pubbliche o parastatali e via seguendo nella pletora degli organismi foraggiati dal denaro pubblico.

            Sul tema della governabilità del Bel Paese, a fronte della crisi del governo Contebis, mentre in tanti guardano nella sfera di  cristallo, con il gran corteggio dei talk show spesso confusi, strillati e confusionari, per estrarre presentimenti sull’epilogo che la vicenda avrà tra lunedì e martedì prossimi, merita, tuttavia, attenzione un breve passaggio del discorso che Leonardo Sciascia – modello di forte caratura etica ed ineguagliabile scrittore civile e testimone largamente attendibile sulla storia dell’Italia contemporanea– pronunciò  il 10 agosto del 1979.

          Era presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, a cui Sciascia si rivolge in presa diretta e incalzante, quasi usando la sferza della puntuta dialettica in cui eccelleva, essendo lo stesso politico sardo dimissionario dalle funzioni di  ministro dell’Interno, per assumere quelle di guida della compagine ministeriale; funzioni di responsabile del Viminale che aveva assolto, nei difficili mesi del rapimento di Aldo Moro, il leader della Democrazia cristiana, teorico e assertore della Democrazia sostanziale, i cui tempi attuativi erano ormai maturi, superando  gli schemi della Democrazia formale, per attuare pienamente i  valori costituzionali.

       Era il contesto degli anni del terrorismo, le cui cause di fondo e basilari sono ancora dal manto della nonverità, e scandito dallo stragismo nero e dal brigatismo rosso, il cui culmine fu toccato con la strage di via Mario Fani e l’uccisione di Aldo Moro; vicende cupe e buie che lo scrittore di Racalmuto  raccontò e rivisitò con acume nel celebre e ben noto saggio- “L’Affaire Moro”- che ebbe ampia diffusione e continua ad essere letto e studiato, come è doveroso che sia, con passione e cura, per conoscere di più e meglio  i tornanti e le pieghe della storia sociale nazionale, squarciando i tanti veli di quelle ipocrisie di cui la politica si nutre e alimenta; ipocrisie, generate dagli interessi dei potenti di turno o in arrivo di turno, interpreti e portatori di nuovi equilibri e assetti sociali, così come si strutturano nelle stanze dei poteri e del correlato loro concreto ed effettivo esercizio.

Sono tempi diversi, molto diversi tra loro quali che siano gli angoli di visuale con cui si focalizzino, quelli degli anni  ’70  e gli attuali dell’appena iniziato secondo ventennio del XXI secolo; nei primi c’era ancora il bi-polarismo  che anteponeva gli Usa e l’Urss, democrazia presidenziale e repubblicana d’impronta federale, da un lato, stato totalitario ed economia sovietizzata, dall’altro e, dunque, Dc e Pci con tutte le varianti possibili della storia politica nazionale. Erano il retaggio del secondo conflitto mondiale, sebbene già declinante, mentre  il Bel Paese, ben integrato nella geo-politica occidentale e filo-americano, aveva conosciuto il boom economico della fine degli anni ’50 e anni ’60 con il salto nel benessere materiale mai prima conosciuto e con il 60% delle famiglie che disponeva già dell’abitazione di proprietà privata. Di tutt’altra e bivalente prospettiva si stagliano i tempi correnti del Terzo Millennio in cui perdurano i tristi e tormentati effetti della pandemia della SarsCoV2 che miete vittime, estenua menti, logora psicologie, mentre prevale il multiculturalismo con Internet  e si sono aperte le vie dello spazio, per l’approdo sulla Luna e su Marte, per l’era cosmica ch’è dietro l’angolo.

  E’ davvero tanta, profonda ed macroscopica, la diversità tra ieri e oggi, ma sulla governabilità del Bel Paese,  le convinzioni dell’autore de “Il giorno della civetta” restano attuali, con l’aggravante, forse e senza forse, per la quale il personale della classe  politica e dirigente è decisamente di modesta levatura culturale, specie sul versante delle cognizioni e competenze economiche e sociali, particolarmente complesse nell’ambito della globalizzazione. Ma ecco il passo del discorso dell’on. le Leonardo Sciascia, parlamentare eletto nelle liste del Partito radicale transnazionale, fondato e guidato da Marco Pannella.

      …    ”La campagna elettorale che ha portato a questa legislatura è stata da più parti, ma non certamente dalla nostra, svolta  sul tema dell’ingovernabilità  di questo paese. In realtà, questo paese è invece il più governabile che esista al mondo. Le sue capacità di adattamento e di assuefazione, di pazienza e persino di rassegnazione sono inesauribili. Basta viaggiare in treno o in aereo, entrare in un ospedale, in un qualsiasi ufficio pubblico, avere insomma bisogno di qualcosa che abbia a che fare con il governo dello stato, con la sua amministrazione, per accorgersi fino a che punto del peggio sia governabile questo paese e quanto invece siano ingovernabili coloro che nei governi lo reggono: ingovernabili e ingovernati non dico soltanto nel senso dell’efficienza; intendo soprattutto nel senso di un’idea del governare, di una vita morale del governare.

            Tutto ciò che in questo paese ingovernabile, eversione e criminalità principalmente incluse, risiede appunto nel modo di governare.