Terremoto Irpinia: Architetti “manca ancora la messa in sicurezza del territorio e del suo patrimonio abitativo”

Terremoto Irpinia: Architetti “manca ancora la messa in sicurezza del territorio e del suo patrimonio abitativo”

Magnitudo 6.9, quasi 3000 morti, 300 mila sfollati, 506 Comuni danneggiati delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno. Sono questi i numeri drammatici del terremoto del 1980: 40 anni passati, una ricostruzione infinita e forse una delle più grandi catastrofi in Italia degli ultimi 50 anni. Come nella maggior parte dei casi ad essere colpite sono le aree interne, le aree montane, le aree fragili del Paese.
A sottolinearlo il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e l’Ordine degli Architetti della Provincia di Avellino che ricordano la denuncia dell’allora Presidente Sandro Pertini ed il suo monito “Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi”.
“Di fronte alle immagini di disperazione, di precarietà e di bisogno che le televisioni diffusero in tutto il mondo – ricordano ancora – si avviò finalmente la macchina dei soccorsi, guidata da Giuseppe Zamberletti Commissario straordinario del Governo e questa immane tragedia costituì le premesse ed impulso prezioso da cui nacque il Sistema della Protezione Civile”.
“Oggi – continuano – la memoria di questo evento non può farci dimenticare i tanti errori commessi nelle ricostruzioni post-sismiche e il mancato sviluppo di quelle aree. Oggi gli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori sono in prima fila, unitamente ai colleghi delle altre professioni tecniche, nel denunciare la mancanza di messa in sicurezza del territorio e del suo patrimonio abitativo, nella necessità di sviluppare seriamente politiche ed azioni volte soprattutto alla consapevolezza del rischio ed alla prevenzione”.
“Occorre in primo luogo – concludono – ridare dignità ai territori conservando e rafforzando i caratteri identitari e sociali, investendo in nuovi modelli economici, soprattutto assicurando un futuro alle nuove generazioni”.