Strage di Monteforte. Ciro era l’autista dello scuolabus che non guidava grandi pullman

Strage di Monteforte. Ciro era lautista dello scuolabus che non guidava grandi pullman

Strage di Monteforte. Ciro era lautista dello scuolabus che non guidava grandi pullman «Per la tranquillità vostra e dei vostri figli, prenotate in tempo per garantirvi esperienza, affidabilità e sicurezza». Appena una riga più giù, alla voce contatti, il depliant riporta il suo numero di cellulare.
Neppure la morte rende tutti uguali. Ciro Lametta non può stare con gli altri, non può ricevere la benedizione del vescovo e l’ultimo saluto dei suoi cari. Il corpo del guidatore dell’autobus è in una cella frigorifera dell’ospedale di Avellino, vittima distante chilometri dalle altre 37 vittime, che forse ha cercato di salvare, che forse ha ucciso. «Nessuno avrà pietà di noi». Gennaro, il fratello maggiore, titolare della «Lametta viaggi», non ha il tempo di piangere, perché ha capito che questa ecatombe senza senso finirà per travolgere anche chi rimane. «Abbiate pietà di noi, vi prego. Oggi muoiono anche due famiglie». Lui è il capo, il titolare di un piccola impresa individuale destinata a portare per sempre la lettera scarlatta di questa strage.
Viaggi e pellegrinaggi, c’è scritto sulla vetrina della Lametta, un piccolo vano in fondo al quartiere popolare di San Carlo all’Arena. Noleggio autobus Gran Turismo, da 9 a 75 posti, era questo il business principale di una impresa familiare giunta alla seconda generazione. I viaggi estivi a Medjugorie, a Lourdes, a San Giovanni Rotondo erano il pane di Gennaro, il fratello che organizzava e teneva i contatti con i clienti. Ciro non saliva spesso su quegli autobus di grossa stazza. Interveniva in supplenza, come raccontano anche i familiari delle vittime, che parlano di lui senza rancore, con l’affetto dovuto a una persona che conoscevano bene, da tanti anni e che adesso non c’è più, proprio come i loro cari.
«Sono aperte le iscrizioni per il trasporto scolastico 2013-2014». Adesso sembra quasi un paradosso, ma durante l’anno la mansione principale dell’uomo che potrebbe essere responsabile del più grande incidente stradale italiano di sempre era quella moralmente più delicata. «La prego, lo scriva: mio marito era il miglior autista del mondo». Sul marciapiede di Vico Sant’Eframo c’è una donna che porta il suo dolore esibendo una dignità che sembra quasi irreale. La signora Tatiana guarda in faccia i giornalisti che la avvicinano per chiederle una parola su suo marito, il padre delle sue due figlie, che non c’è più, che rischia di venire ricordato male, ma proprio male. «Io posso solo dirle che per tutta la vita ha portato i bambini degli altri a scuola. Era un ottimo genitore, orgoglioso del fatto che gli altri genitori si fidassero di lui».
Questo faceva Ciro Lametta. Servizio speciale scuolabus, la parte meno redditizia, ma più conosciuta dell’agenzia di famiglia. Gestiva l’attività dei due caratteristici pullmini gialli che adesso sono in manutenzione nel deposito in cima ai Colli Aminei. Quasi ogni giorno si metteva al volante. «Prezzi speciali e sconti per secondo figlio o per coloro che presentano nuovi iscritti» si legge sul depliant. E accanto, il disegno di due bambini che corrono verso un autobus.