Viaggi della speranza: esistono davvero i “figli di un Dio minore”?

Viaggi della speranza: esistono davvero i “figli di un Dio minore”?

Se da una parte ci sono i cittadini Italiani, ma anche Europei, esausti degli sbarchi continui , messi in ginocchio da un’economia che costringe sempre più a “tirare la cinghia “ e da una classe politica che sembra essere sempre meno competente ed inadatta, dall’altra parte ci sono loro, persone, quelle su cui probabilmente non ci soffermiamo mai abbastanza, persone ,che spinte dal desiderio di una vita migliore, troppo spesso vanno incontro alla morte in scenari disumani.
Spesso si legge di notizie di cronaca, in cui l’autore di una rapina o di un qualsiasi altro gesto legato alla criminalità è l’extracomunitario che viene in Italia solo per delinquere, “come se ne avessimo già pochi…” direbbero in tanti; quello che raramente si legge sono le storie come quella di Maalik Hussain, giovane pakistano, che a 27 anni ha creduto di meritare un futuro migliore lontani dalla sua casa e dai suoi affetti.
Era partito da Kropia alla volta dell’Italia, per poi magari trasferirsi in Finlandia, dove viveva un cugino. Si era fatto prestare dal padre parte dei soldi, di quei 5000€, per acquistare il biglietto che lo avrebbe condotto verso una vita più dignitosa, forse quella che sognava .
Forse ha avuto solo questa colpa: ha sognato e quel suo sogno si è ben presto trasformato nel peggiore degli incubi.
Sotto un sole rovente di agosto Maalik è partito, la sua meta era il Riminese, dove è stato poi ritrovato privo di vita,un mese dopo.
Quando la notizia del ritrovamento di un cadavere in stato di decomposizione ha fatto il giro del web la sua famiglia ,che non aveva notizie da circa un mese, ha subito allertato i Carabinieri di Riccione.
Con il riconoscimento del corpo ed in possesso del numero di telefono del ragazzo si è giunti ad una nuova ed agghiacciante scoperta riguarda l’ultimo messaggio vocale inviato: “io sto mordendo qui,fratello. Dove sei finito?”.
Sono state proprio queste, dunque ,le ultime parole rivolte a quello che lui chiama “fratello “ ma che in realtà è stato il suo carnefice, colui che lo ha lasciato morire, soffocato,in un van per cavalli, come hanno accertato le indagini.
Un business crudele che giorno dopo giorno colleziona sempre più vittime. Sì. Perché purtroppo quella di Maalik non è l’unica triste storia dal tragico epilogo.
Stesso destino per Pham Thi Tra My, vietnamita, di 26 anni, che prima di morire, durante il suo viaggio della speranza, ha scritto alla madre: “mi dispiace, il mio viaggio all’estero è fallito. Sto morendo, non riesco a respirare.”
E tante, tantissime sono le vittime di cui nessuno parla, quelli che muoiono in silenzio, aggrappati alla speranza fino all’ultimo respiro, quelli che credono in un futuro che non vedranno mai.
Carla Carro