Avella, Tulino tra gli scenari suggestivi avellani rovinati dalla mano dell’uomo

Avella, Tulino tra gli scenari suggestivi avellani rovinati dalla mano delluomo

Avella, Tulino tra gli scenari suggestivi avellani rovinati dalla mano delluomoAntonio Tulino, Presidente fresco di dimissioni della Fondazione Avella Città d’arte, ama deliziarci, di tanto in tanto, di sue riflessioni che a leggerle hanno quasi il suono di una poesia. L’ultima parla degli scenari suggestivi di Avella che purtroppo sono stati rovinai dalla mano dell’uomo. Ecco quanto scrive: “Tra gli scenari suggestivi che Avella regala al viandante, al visitatore, quello che rende plastico il rapporto uomo-natura, e in ogni stagione è capace di regalare forti emozioni, ispirare qualsiasi poeta ed elevare lo spirito, come ogni pittore ad immortalare una grazia del creato, lo incontri a Capodiciesco, fermandoti sul ponte che sovrasta il letto del torrente : ad est, tra il dormiente Clanio e i suoi rifiuti fastidiosi,inopportuni, intolleranti, si stagliano le digradanti montagne che si specchiano nel letto pestifero dell’osannato progenitore; ad ovest colline sinuose ammantate di delicati ulivi e bassi noccioleti accennano uno spettacolo tutto da vedere; a nord le severe montagne di un Appennino anonimo, che fanno la gara con quelle indigene per la loro bellezza e pericolosità, richiamano alla mente i versi di un antico poeta, le transumanze di sofferte umanità ; a sud un ricorrersi di vegetazione fitta, intensa, sempre verdeggiante ospitano una fauna irrequieta e nota. 
Ti fermi, là sul ponte e il colpo d’occhio è pieno e la mente si ferma a ” respirare” una immagine inedita esclusiva, ristoratrice. Ma se l’occhio si abbassa e vuoi misurare lo spazio, tra il ponte e il Clanio, non puoi non vedere, lo sfregio che l’uomo produce alla natura : un bidone di colore blu fa bella mostra di se al centro dello spazio maggiore; di lato, sotto il muro che delimita lo spazio, tra il padrone del luogo e la strada, un’ammasso di bottiglie di vetro lì deposte e conservate. Affascinato del luogo incominci a camminare e ti accorgi quanta sia la volgarità e lo sfascio che la gente produce a questo luogo mitico. Puoi vedere e sentire di tutto. Non c’è rifiuto dell’agire umano che non incontri lì depositato e man mano che ti avvicini alle ” Fontanelle ” olezzi immondi ti accompagneranno. Non è lo stallatico o il penetrante lascito degli armenti o degli ovili. No, è il putrido puzzo delle carogne di animali abbandonate nel Clanio o ai bordi della strada. Non puoi farci niente. Così vanno le cose dalle nostre parti e la rabbia può soltanto accompagnarti per il resto della strada. Poi arrivi al “Fusaro “, luogo di inizio e terminale del percorso e noti, con profonda meraviglia, nel verde della nota pineta, uno STRANO CARTELLO. Indica una identità, un’appartenenza : PARCO DEL PARTENIO. Cerco di raccordarmi del suo significato e dell’efficacia che dovrebbe produrre e non riesco a trovare alcun legame con un territorio affidato solamente a se stesso. Eppure in tutta la verde Irpinia quella identità è sinonimo di qualità”.