“Il Futuro in bilico” il testo di Elisabetta Di Minico, una ricercatrice in Storia Contemporanea originaria della provincia di Avellino.

Il Futuro in bilico il testo di Elisabetta Di Minico, una ricercatrice in Storia Contemporanea originaria della provincia di Avellino.

Il Futuro in bilico il testo di Elisabetta Di Minico, una ricercatrice in Storia Contemporanea originaria della provincia di Avellino.Elisabetta Di Minico, è una ricercatrice in Storia Contemporanea originaria della provincia di Avellino. Ha conseguito Cum Laude e Menzione Internazionale un dottorato in Storia presso la UB – Università di Barcellona e fa  parte del gruppo di ricerca HISTOPIA coordinato dall’Università Autonoma di Madrid. Lavora prevalentemente sui temi della distopia, del controllo e della violenza (soprattutto razziale e di genere): fondamentalmente utilizza provocatoriamente romanzi, fumetti e film distopici e/o fantascientifici per svelare i sistemi di controllo e i processi repressivi e patriarcali che caratterizzano la società contemporanea.

“Il futuro in bilico” è il suo ultimo libro. Il mondo contemporaneo tra controllo, utopia e distopia, edito da Meltemi, è tratto da Antiutopía y Control. La distopía en el mundo contemporáneo y  actual, tesi di dottorato discussa, Cum Laude e con menzione internazionale del titolo, dalla dott.ssa Elisabetta Di Minico presso l’Università di Barcellona, nel 2015. L’opera nasce con l’obiettivo di studiare, dal punto di vista politico, sociale e culturale, le più rilevanti tipologie di controllo a cui varie forme di governo, dalle dittature alle democrazie, hanno sottoposto e sottopongono i propri cittadini. Focalizzandosi principalmente sul XX e XXI secolo, l’analisi storica, sociologia e psicologica del fenomeno parte, però, da un punto di vista inusuale, quello letterario e cinematografico della distopia (dal greco antico δυσ-τόπος “luogo cattivo”). Oscuro e disincantato opposto dell’ottimista utopia, la distopia è un genere letterario che descrive il peggiore dei mondi possibili e racconta di popoli pesantemente manipolati, disperati e repressi. La forza e il successo del genere, che da qualche anno sta vivendo una nuova epoca d’oro, sono legati all’intenzione di una forte critica socio-politica. Il fine dichiarato della distopia, infatti, è di incoraggiare un’essenziale riflessione sullo status della nostra società globale. Il genere sfrutta mondi immaginari, lontani nel  tempo o nello spazio, invece che ambientazioni contemporanee ai lettori, ma, nella maggioranza dei casi, il male esposto non è altro che la trasfigurazione di una paura o di un problema reale, drammaticamente attuale. La distopia non è solo svago e divertimento, essa può aiutarci a capire l’attuale stato delle cose perché la letteratura, il cinema e i fumetti di una data comunità riflettono la società a cui appartengono. Se il contesto è infetto, la cultura riconoscerà, assimilerà e denuncerà l’infezione. Le ipotesi principali da cui il volume muove sono tre:
• la distopia, con la sua brutale estremizzazione e/o la sua dissacrante parodia di problematiche attuali, può aiutare a delineare un’analisi storica, sociologica e psicologica del controllo politico, sociale e culturale;
• la distopia non è solo una degenerazione rintracciabile nei noti processi repressivi del potere totalitario o autoritario, ma è uno strumento di persuasione usato anche nei poteri democratici;
• la differenza maggiore tra la distopia dei regimi dittatoriali e quella delle società democratiche risiede nel differente dosaggio che essi fanno di controllo positivo e negativo, di piacere e dolore, di benessere e paura.
Per sviluppare e dimostrare queste ipotesi, il testo è diviso in tre parti principali. Nella prima, si ripercorre la storia dell’utopia e della distopia. Il focus principale è sul sottogenere politico, corrente estremamente appropriata per uno studio sul controllo, dal momento che, nelle sue opere, la manipolazione e la repressione non sono un aspetto
secondario della storia (come in altri tipi di distopia, ad esempio, generalmente la sociale o l’apocalittica), ma l’elemento fondamentale della trama. La ricerca ha esplorato i temi ricorrenti e più distintivi del genere, tra cui:
1. annientamento dell’ego, della privacy, delle emozioni e delle capacità critiche dei cittadini
2. eradicazione del dissenso e dei dissidenti
3. presenza società fortemente gerarchiche e leader carismatici
4. ritualizzazione e sacralizzazione della politica
5. uso deviato di propaganda, educazione, informazione, cultura e linguaggio
6. continua sorveglianza dei cittadini
7. tortura fisica e psicologica
8. centralità del corpo, trasfigurato dal dolore o assuefatto dal piacere, nella trama
9. architettura, scenografia ed ambiente trasformati in elementi di propaganda o intimidazione.
Si procede, quindi, con l’analisi di romanzi, fumetti e film che, secondo chi scrive, meglio esprimono il senso soffocante e deformante dell’autorità, come, ad esempio, Il Tallone di Ferro (1908) di J. London, Noi (1921) di E. Zamjatin, Mondo nuovo (1932) di A. Huxley, La notte della svastica (1937) di K. Burdekin, Kallocaina (1940) di K. Boye, 1984 (1948) di G. Orwell, Fahrenheit 451 (1953) di R. Bradbury, Ministero (1984) di R. Barreiro e F. Solano López, V per Vendetta (1988) di A. Moore e D. LLoyd, Give Me Liberty (1990) di F. Miller e D. Gibbons, L’uomo che fuggì dal futuro (1971) di G. Lucas, Snowpiercer (2013) di Bong Joon-ho, etc. Completata questa analisi, Il futuro in bilico si dedica allo studio più strettamente storico, sociologico e psicologico del fenomeno distopico. Nella seconda e nella terza parte, infatti, si mettono in comparazione le caratteristiche principali delle opere riportate con diverse realtà storiche del secolo passato e di quello presente. Nella seconda parte, nello specifico, ci si occupa dei poteri dominanti, ossia di totalitarismi e autoritarismi, perché essi incarnano tragicamente meglio di qualunque altro sistema politico l’idea di distopia. Il Nazismo, il Fascismo, il Franchismo, il Comunismo sovietico e i regimi che gravitavano intorno ad esso, le dittature in America Latina o in Asia, infatti, hanno portato letteralmente l’inferno sulla terra e condannato all’incubo milioni di vite.
Nella terza parte, invece, le protagoniste dell’analisi sono le società democratiche, con la loro tendenza a controllare le popolazioni attraverso tecniche suadenti e persuasive del genere panem et circenses. Sia per i poterei dominanti, sia per quelli democratici, si prendono in esame delle tematiche ben precise. Si indaga sugli agenti e sulle ragioni della violenza fisica e psicologica a cui le popolazioni sono sottomesse, oltre che sull’uso della cultura, della religione, dell’educazione e dell’informazione come strumento di repressione e di condizionamento, soffermandosi in particolare sul ruolo della propaganda e dei mass-media. Si studia la rappresentazione del nemico, in tempo di pace e guerra, e la necessità della sua esistenza per mantenere meglio il controllo sui cittadini.
Si valuta, inoltre, la risposta psico-fisica della popolazione all’uso della repressione e della persuasione, per osservare come l’autorità possa influenzare, modificare o, peggio, distruggere, i corpi e le menti dei cittadini ad essa soggetti.Quello “distopico” è un argomento editorialmente valido perché, negli ultimi anni, influenzata dalle numerose crisi e fratture socio-politiche contemporanee di stampo umanitario, militare, tecnologico, ambientale, etc., l’analisi di tali temi ha avuto un netto incremento sia in ambito accademico, sia divulgativo. Il progetto della dott.ssa Di Minico, da cui sono tratti anche diversi articoli peer-reviewed e papers presentati presso rinomati Istituti e Università, tra cui Harvard University e University of Cambridge, si unisce a questa tendenza, ma risulta anche fortemente innovativo e pionieristico per due motivi principali. Innanzitutto, è uno dei primi lavori accademici ad aver identificato e unificato in maniera comparatistica ed ampia la connessione tra la distopia letteraria, fumettistica e cinematografica e le reali azioni distopiche (violente e non-violente) della società. In secondo luogo, il suo approccio inter- e multidisciplinare risulta adatto anche ad un pubblico non specialistico, desideroso di approfondire questioni storiche e di critica socio-culturale. L’autrice si è dedicata a questo tema, per lei importante e sensibile, nella speranza di circoscrivere il “cattivo luogo”, che dovrebbe spaventare non solo nella finzione.
In supporto al suo lavoro, diversi e brillanti fumettisti italiani e stranieri hanno realizzato degli sketch a tema distopico, per impreziosire con delle immagini d’impatto il discorso scritto. Sentiti ringraziamenti vanno a Francesco Biagini, Manuel Bracchi, Marika Cresta, Gary Erskine, Arianna Florean, Claudia Ianniciello, Grazia La Padula, Annapaola Martello, David Messina, Bryan Talbot e Dario Tallarico.